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SI È SPENTO AIMONE CANAPE

SI È SPENTO AIMONE CANAPE

Quel “Ragazzo del lago” che catturò il Duce in fuga

L’ultimo testimone della cattura di Mussolini e dei gerarchi, della fine del fascismo, a Dongo, se n’è andato la sera di Ferragosto. Aimone Canape, personaggio leggendario, più volte nel cuore della storia della prima metà del secolo scorso, era un «ragazzo di Dongo», dove era nato nel 1922. In «quei giorni» era tornato sulla riva del Lario, alla sua terra, dove collaborava con i partigiani della 52ma Brigata Garibaldi, dopo essere stato per alcuni anni sfiorato l’élite del Nazismo, a Berlino, ed aver avuto addirittura un breve colloquio con Adolf Hitler. La sua storia è in libro «Il ragazzo del lago» (Piemme), di Marcello Foa, il giornalista che lo ha intervistato anni fa nella sua villa a Dongo. Prima Canape non aveva mai voluto raccontarsi. «Quel tronco che ha fermato la fuga di Mussolini, era un semplice ramo di ciliegio, posto lungo la statale appena fuori Musso. Un’auto avrebbe potuto travolgerlo. Fu invece un banale intoppo», ironizzava Canape il quale aggiungeva che Mussolini, che aveva visto bene in faccia, fu trattato con molto rispetto dai partigiani. Canape dava un versione diverta da quella ufficiale sulla cattura del Duce. Non fece finta di essere un soldato tedesco ubriaco. Era invece a terra, carponi e un militare era seduto su di lui e lo copriva con un cappotto. Secondo alcune testimonianze, Aimone Canape salvò, nascondendole, la moglie incinta del ministro fascista Fernando Mezzasoma e Zita Ritossa, la compagna di Marcello Petacci. Aimone, ancora ragazzo era però già entrato negli avvenimenti grandi. Da Dongo era andato in Germania. Voleva fare il cameriere, addirittura arrivate a maître d’hotel. Nel ‘38 è a lavorare a Oberhorf in Turingia, nel lussuoso albergo dei principi Wa- tzesky. È un cameriere comune. Lo vede però la duchessa Elli Steinlich. La nobildonna ha un colpo: quel ragazzo è una «goccia d’acqua» di suo figlio morto qualche tempo prima. Adotta il «ragazzo di Dongo» lo istruisce, lo introduce nel bel mondo che fa occhiolino al nazismo. Ha addirittura l’occasione di arrivare nel bunker, incontra anche Hitler, sebbene di sfuggita, che gli dona un libro. Tornato in Italia, sul Lario, si ritrova a fare l’informatore dei partigiani. Per due volte è catturato e salvato da Albert Kesserling, il comandante supremo della Wermacht in Italia e dal vescovo di Como. Fino all’incontro con il Duce in fuga.

 

da Il Giorno del 17-8-2016

 

 

  17.08.16 10:00:00 , a cura di Lombardia (contattaci), categorie: Attività in Lombardia, Commenti e dibattiti, Celebrazioni, Antifascismo, Resistenza, Libri, Sezioni, Novità, Memoria, Testimonianze, Cultura
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