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INES FIGINI CI HA LASCIATO

INES FIGINI CI HA LASCIATO

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia piange la scomparsa di Ines Figini.

Figura inimitabile, unica, non era impegnata politicamente, ma questo non le impedì di schierarsi in difesa dei suoi compagni arrestati dalle brigate nere perchè antifascisti e organizzatori dello sciopero del 6 marzo 1944 alla Tintoria Comense. Questo atto di giustizia, di alto spessore morale, le costò l’arresto e la deportazione nei famigerati lager di Mauthausen, Auschiwtz- Birkenau e Ravensbruck.

 

Riuscì a tornare in patria fortemente debilitata, riprese la sua vita di operaia e, quel che conta, intraprese la sua opera di testimone della più grande tragedia del mondo intero. Fu instancabile nel ricordare e nel monito ai più giovani, agli studenti, di vivere e lavorare per la pace affinché non si possa ripetere nel futuro una simile e tragica esperienza.

 

Ci mancherai Ines, ci mancherà la tua calma e la dignità con cui raccontavi quei terribili momenti.

L’ ANPI fa proprio il tuo insegnamento e si augura che i tanti giovani e studenti che in questi anni hanno avuto la fortuna di ascoltarti, siano in embrione le nuove gemme della democrazia. Grazie, Ines.

 

Guglielmo Invernizzi.

Presidente ANPI Provinciale di Como.

 

 

INES aveva meno di 22 anni quando fu deportata. Operaia alla Ticosa, grande fabbrica di Como, aveva avuto il “torto” di essersi schierata a favore di alcuni compagni di lavoro durante lo sciopero del 6 marzo 1944. Ines non era fra gli organizzatori, aveva solo esclamato: ” se arrestate loro dovete arrestarci tutti!”, un’esclamazione di ribellione e di fierezza dettata dal suo profondo senso di giustizia. Ma tanto era bastato… Così finì nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück e infine in un ospedale militare, dove trascorse un anno e mezzo. Per anni si è prodigata per raccontare ai giovani la sua storia, la storia di una città, Como, e delle lotte operaie nelle sue fabbriche, della repressione nazifascista dove anche una parola poteva costare la vita, di treni che partivano per mete ignote e di luoghi in cui l’umanità si divideva tra vittime e carnefici.

 

Saluteremo Ines martedì 29 settembre alle ore 11 preso la chiesa del Crocifisso a Como.

Su richiesta della famiglia non saranno portate bandiere.

 

 

 

Aveva 98 anni e da tempo era protagonista nelle scuole e nei convegni per ricordare e testimoniare quanto aveva vissuto. Internata non perché partigiana o ebrea, ma perché giovane operaia aveva difeso i promotori dello sciopero contro il nazifascismo del 1944. "Ho visto i bambini mandati nelle camere a gas", raccontava

di ORIANA LISO

Ha visto i bambini incolonnati davanti alle camere a gas, portati a morire. Ha visto tutti gli orrori dei campi di concentramento di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbruck. E dopo non essere riuscita a parlarne per anni, è diventata una delle testimoni del nazifascismo. E' morta ieri a Como Ines Figini, ex deportata che nel Comasco era diventata una figura conosciuta e amata. Aveva 98 anni.

Il suo internamento non fu per motivi politici, non era partigiana. E non era di origini ebraiche. Era un'operaia di una fabbrica di Como, la Tintoria Comense, quando, a neanche 22 anni, aderì allo sciopero generale del marzo 1944 che coinvolse tutto il Nord Italia contro la dittatura. E mentre la polizia arrestava i promotori dello sciopero cercò di difenderli, e per questo venne arrestata e portata prima a Bergamo, nella caserma Montelungo, e deportata anche lei. Prigioniera numero 76150, questo il numero tatuato sul suo braccio. Dopo la liberazione venne ricoverata in un ospedale militare a causa di una grave malattia. Tornò a Como solo nell'ottobre del 1945.

Ines Figini è stata nominata commendatore della Repubblica nel 2004 dall'allora presidente Carlo Azeglio Ciampi. Girava scuole, associazioni, convegni per raccontare l'orrore dell'Olocausto, che aveva scritto anche in un libro: dal 1968 ogni anno era tornata a Birkenau sulle tracce della memoria, per non dimenticare. "Tanto tu torni sempre. Ines Figini, la vita oltre il lager", (Melampo, 2012), il titolo del libro: una frase che, raccontava, le diceva sempre sua madre da bambina, quando si allontanava per giocare, e che le era servita durante la prigionia per resistere.

  29.09.20 18:00:00 , a cura di Lombardia (contattaci), categorie: Attività in Lombardia, Commenti e dibattiti, Comunicati, Antifascismo, Resistenza, Comitati Provinciali, Libri, Sezioni, Novità, Memoria, Testimonianze, Nazismo, Fascismo, Commemorazioni, Cultura
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