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   Il Crollo

"Ai tedeschi bastarono due giorni per sfasciare le forze armate italiane e occupare gran parte della penisola e dei territori balcanici…Il punto di partenza fu la mancanza di una qualsiasi direttiva…
Il proclama di Badoglio che diceva che le truppe avrebbero reagito ’ad eventuali attacchi’ non aveva senso, è ovvio che un reparto in armi reagisca se attaccato. In sostanza le forze armate (salvo la marina) furono lasciate senza ordini in una crisi drammatica, il che implicitamente avallava ogni cedimento…Nella penisola la soluzione prevalente fu il ’tutti a casa’. Quasi tutti i reparti non erano in grado di sostenere un combattimento, anziani generali e colonnelli educati a un’obbedienza apolitica si trovarono a dover decidere su due piedi se aprire il fuoco sui tedeschi, alleati fino a poche ore prima; quasi sempre accettarono di consegnare armi e posizioni. In molti casi i reparti si sbandarono prima ancora dell’arrivo dei tedeschi. Due milioni di soldati si dissolsero nel giro di due o tre giorni; la popolazione fu larga di aiuti ai militari in fuga e soltanto una minoranza fu catturata dai tedeschi…

(…) Per i territori balcanici…l’elemento comune è la mancanza di una via di salvezza, di una facile uscita dalla guerra (il ’tutti a casa’ possibile sul territorio nazionale)…le forze italiane non avevano alcuna mobilità né coordinamento ( a grandi linee i comandanti di divisione rimasero con le loro truppe, quelli superiori tradirono e si eclissarono); non potevano che attendere passivamente l’attacco delle forze tedesche, inferiori di numero ma mobili e appoggiate dall’aviazione…le truppe italiane rimaste in armi vennero quindi sopraffatte, con vicende diverse e in tempi successivi, in parecchi casi con la fucilazione di molte decine di ufficiali…

Nell’Egeo gli avvenimenti furono più frammentari per le difficoltà di comunicazione tra le 32 isole presidiate e l’intervento degli inglesi, che sbarcarono truppe a Coo, Lero e Samo. Nei primi giorni dopo l’8 settembre i tedeschi conquistarono Rodi con scontri di un certa durezza, poi si impegnarono a fondo per ottenere il controllo di tutto l’ Egeo…La battaglia più dura fu quella di Lero, 12 – 16 novembre, dove 2.700 tedeschi fortemente appoggiati dall’aviazione (e con alte perdite, oltre mille uomini) ebbero ragione di 7.600 italiani e 4/5.000 inglesi…Lo sfasciamento delle forze armate italiane (il termine è brutto, ma espressivo) fruttò ai tedeschi 800.000 prigionieri di guerra e un grosso bottino di armi e materiali, la loro ultima vittoria nella guerra".

dal libro "Le guerre italiane: 1935-1943" di Giorgio Rochat (Einaudi 2005)

 

   L’operazione "Achse"

“(…) Poche ore dopo il verificarsi dell’operazione “Achse”, venne avviato ciò che era stato predisposto da tempo, cioè il ’disarmo a sorpresa, con ogni mezzo e senza il minimo scrupolo delle truppe italiane’. Questo principio valeva dappertutto. Non meno categorico era il principio che laddove non si fosse riusciti a superare al primo attacco la resistenza italiana, ciò sarebbe dovuto avvenire in una seconda fase con una offensiva ben organizzata di forze consistenti.
Queste operazioni, svolte dopo l’8 settembre dalle Alpi alla Calabria, si svolsero in tre fasi: aggressione immediata delle concentrazioni di truppe italiane, azioni di rastrellamento in zone circoscritte e progressiva assunzione dei poteri militari in tutta l’area occupata dalle singole Grandi Unità.

(…) Già il 9 settembre il Gruppo di Armate B di Rommel comunicò l’avvenuto rastrellamento delle strade fra il Brennero e Verona, come pure di quelle di alcune valli laterali. In questa zona 40.000 italiani dovettero consegnare le armi. La 71° Divisione di fanteria, che agiva nel territorio compreso fra Tarvisio-Gemona-Trieste-Lubiana, incontrò invece una accanita resistenza. I prigionieri catturati furono circa 10.500. Il II Corpo d’Armata corazzato SS risolse invece la situazione nelle provincie di Bologna, Reggio  Emilia, Parma, Cremona e Mantova. A Verona era in corso il disarmo di 40.000 soldati italiani. Reparti della 76° Divisone di fanteria (LXXXVII Corpo d’Armata), nell’impadronirsi del territorio costiero di Genova, avevano catturato 3.000 militari.
Ciò corrispondeva nel complesso a circa 100.000 prigionieri catturati il primo giorno.

Un successo ottenuto però in parte soltanto dopo ’aspri combattimenti’. E’ probabile che proprio per questo motivo – ma una tale supposizione appare comunque evidente – il Comando Supremo della Wermacht abbia diramato la sera del 10 settembre il primo dei suoi ordini criminali, in merito al trattamento da riservare ai militari italiani. Vi si legge infatti: «In quelle località, dove truppe italiane o altri armati oppongano ancora resistenza, si deve porre loro un ultimatum a breve scadenza, chiarendo che i comandanti italiani responsabili della resistenza stessa saranno fucilati come franchi tiratori se, entro il termine stabilito, non avranno ordinato alle proprie truppe di consegnare le armi alle unità tedesche».
L’ordine venne seguito ed ebbe conseguenze cruente, specie nei Balcani, nelle isole del Mediterraneo orientale e nella zona di giurisdizione del feldmaresciallo Kesserling. Lo studio delle fonti dimostrerebbe invece che nella zona del Gruppo di Armate B si procedette con minore brutalità (…)”


Da " I militari italiani internati nei campi di concentramento del III Reich 1943-1945. Traditi-Disprezzati-Dimenticati" di Gerard Schreiber (ed. Stato Maggiore Esercito Ufficio Storico Roma 1992)

 

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