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   L’ANPI Voghera commenta

Abbiamo voluto dedicare questa pagina web alle prese di posizione, ad eventuali polemiche verso fatti ed episodi accaduti in città o nella nostra provincia.
L’obbiettivo è quello di sollecitare dibattiti, evidenziare avvenimenti e notizie, comunicare la nostra posizione sulla vita sociale e culturale nazionale ed iriense.

 

- 16 Ottobre 2011 -

Un film già visto




- Roma 15 Ottobre 2011 -
Quello che segue non vuole essere un resoconto
dettagliato di una manifestazione "troppo scomoda" (e
per questo fatta "abortire") ma una serie di "flash", di
fermi immagine che, per una volta, non rimangono solo
ricordi a cui una sola persona si abbevera, ma momenti,
attimi da condividere con chi incontra queste pagine e
dunque credo, sicuramente, sposi ideali, valori,
modi di essere e di pensare comuni con chi scrive.
A Roma mi ha portato il legame con una delle "due mie
case"
. Non l’ANPI, che mi consente di far vivere,
alimentare (con l’intento di informare, ed a volte, spero
forse non in maniera presuntuosa, di far riflettere) questo
sito web, ma la FIOM parte attiva del mio quotidiano.

 

Ed il primo fotogramma di questa storia immortala
proprio lo "spezzone rosso fuoco" dei metalmeccanici
messo in "sicurezza", già prima della partenza del corteo,
dal ferreo "servizio d’ordine". L’appuntamento, come
punto di riferimento con altri compagni, è lì. In questo
fazzoletto di cemento si susseguono gli incontri e le
strette di mano tra il nostro segretario Maurizio Landini
(che scherzosamente, viste le numerose apparizioni
mediatiche, viene additato come una pop star) e passate
(Fausto Bertinotti) e presenti (Luigi De Magistris) figure
del panorama politico italiano.

 

Ma non si può restare fermi. C’è tanto da vedere, ed
allora si percorre per due volte lo sciame umano che, a
mano a mano, sta prendendo forma. È un vero e proprio caleidoscopio di età, di vite, di ragioni
che prende corpo in piazza della Repubblica. I giovani (giovanissimi) fanno la parte del leone.
Gruppi organizzati e cartelli "fai da te". Famiglie con bambini, piercing e dreadlocks.
Un’eterogeneità travolgentemente contagiosa che, quasi miracolosamente, si contamina.
Beni comuni, medesimi obiettivi, una sola visione: «Non farsi scippare la vita».
Questi sono gli ingredienti che mi impediscono di vivere questa manifestazione come uno stanco
rituale (… accidenti quante ne ho fatte!) ma come un’occasione per respirare un poco di aria pura,
per immergermi in questa Italia carsica la quale, ogni tanto, riemerge, rinasce (nonostante
tutto e tutti) come un’araba fenice e che, con dignità, "rialza la testa".

 

Ecco, via si parte. Come di consueto non mi fermo in uno spezzone ma vago, risalgo come un
salmone questo fiume di gente. È tanta, tanta davvero. Un magma umano non sfilacciato, ma
denso, corposo sia fisicamente che umanamente. È precisamente in quel momento, come una
"Cassandra", mi assale un pensiero, il dubbio che questa variegata umanità è insieme la forza
e la debolezza di questa manifestazione (come del resto di questo movimento). Come è palese
la difficoltà di dialogo tra linguaggi, esperienze, vissuti diversi, così è impossibile gestire, in
maniera ordinata, questa tumultuosa presenza per impedire, arginare situazioni pericolose.
Nelle ore successive, purtroppo, queste mie paure si materializzeranno.

 

Donne, uomini, bambini. Bandiere, striscioni slogans e sorrisi incontrano il mio sguardo.
Il caldo è canicolare. Ci si ferma un istante per un sorso d’acqua ed il refrigerio di un poco
d’ombra (l’età a volte si fa sentire) e poi ci si immerge nuovamente nella marea umana.
Sono circa le 15.45 / 16 ed in via Cavour i primi infausti indizi colpiscono gli occhi. Due macchine
bruciate, muri anneriti ed i pompieri che arrivano. Ancora qualche passo e si notano vetri
antisfondamento di negozi ed uffici che recano le ferite inferte dai sassi. Mi sporgo da un
parapetto. Nella sede stradale sottostante uomini e mezzi delle forze dell’ordine sono immobili e
sembrano che vigilino una situazione sotto controllo ma, come sapremo in seguito, più avanti le
violenze sono già iniziate. Si va avanti sperando che quello che abbiamo visto sia solo il frutto
di episodi isolati, ma alcuni distributori di benzina sfasciati non lasciano presagire nulla di buono.

 

Fori Imperiali e siamo all’altezza dell’Afiteatro Flavio. Qui l’ultima immagine positiva di questa
giornata. Due anziani coniugi si tengono per mano e sorridendo guardano sfilare il corteo.
Al collo hanno due cartelli identici che così recitano: «Lasciateci diventare nonni. Non rubate
le vite dei nostri figli.»

Passa il camion del Teatro Valle. Mi sembra di notare l’attore Elio Germano. Poi, a proposito di
attori, si ripropone un film purtroppo già troppo noto, già visto altre volte. In fondo, lungo via
Labicana
, si nota una densa colonna di fumo nero. Ci fermiamo poco oltre il Colosseo. Non
sappiamo che in Piazza San Giovanni è guerriglia urbana e che sono stati lanciati i lacrimogeni.
Verremo poi a conoscenza che un gruppo compatto di persone con caschi e passamontagna ha
preso d’infilata la manifestazione, uscendo da una strada laterale di via Cavour, e tagliando il
corteo come il burro, lo ha anticipato impadronendosi della testa.
Non sappiamo che fare. Andiamo avanti. Poi un sommovimento. La gente si volta e scappa
indietro impaurita. Di riflesso anche noi fuggiamo, non sappiamo da cosa però.
Ci fermiamo 200 metri indietro. Cosa è stato? Forse una carica. Il fumo si fa più denso. Proviamo
di nuovo a proseguire, ma poi un’altro scarto. Un fuggi fuggi generale. L’adrenalina che sale e
che ci fa palpitare il cuore. Decidiamo di fermarci. Avanzare diventa troppo pericoloso.
Ed eccoli. Arriva un piccolo gruppo di 20, 30 casseur con caschi ed a volto coperto.
Li vediamo. Passano in mezzo alla gente frustrata ed arrabbiata per quello che sta accadendo.
La rabbia sale: «Fascisti, siete solo dei fascisti… fuori, fuori, via… andatevene via» gli
gridiamo contro. Passano oltre. Una signora, ignara di quello che già avviene, ci informa che ha
visto un nutrito convoglio di forze dell’ordine stazionare appena dietro il Colosseo in via Celio
Vibenna
ed un funzionario gli ha assicurato che gli ordini sono di non intervenire. Mi permetto
di rispondergli che mi sembra purtroppo di rivivere i giorni neri di 10 anni fa. Lei mi risponde che
non può essere, anche se là allora c’era suo figlio. Purtroppo è smentita dopo pochissimi minuti
dai blindati, camionette e volanti che sfrecciano a velocità pazzesca con le sirene urlanti.
All’indomani apprenderò dai giornali che sono stati riproposti i famigerati "caroselli" in uso
negli anni ’70.

 

Si decide di andar via, verso l’EUR accompagnati da suoni sordi ( bombe carte, petardi,
lacrimogeni … chissà). All’improvviso mi ritrovo stanco, più nell’anima che nel fisico. Sono riusciti
a raggiungere il loro scopo. Far fallire, oscurare le ragioni della manifestazione. Colpa di chi?
Infiltrati? Nichilismo? Disegni di potere intento a criminalizzare, soprattutto i giovani, oggi come
ieri? Solo rabbia repressa, Racai? Non saprei, forse un poco di tutto questo condito da una
gestione dell’ordine pubblico inaccettabile.
È mai possibile che in Italia il diritto a manifestare (uno degli aspetti più alti della democrazia),
anche nelle sue forme più radicali, sia visto da più parti (che siano frange estreme o pezzi dello
Stato
) solo come un pericolo da scoraggiare, sopprimere? Diventeremo mai, un giorno, un
"paese normale"?

 

Solo un anno fa calcavo queste strade con ben altro spirito. L’immensa manifestazione della
FIOM del 16 Ottobre 2010 animava speranze ed era stata, in qualche modo, una delle
progenitrici di questo "movimento per cambiare il mondo".
Ora, momenti, sensazioni, stati d’animo vissuti quel giorno si mescolano con le emozioni
ed i ricordi personali.
Insieme a me, a percorrere quei viali c’era, col suo garbo e la sua ironia, Adelio,
il compagno Adelio Zucchella (come si dovrebbero chiamare tra loro tutti gli iscritti dell’ANPI)
che ci ha lasciato pochi mesi or sono.
Di quel giorno di un un anno fa oltre ad Adelio mi trovo a perdere anche sogni ed illusioni che attengono alla sfera personale. Sono volati via di mano, rotolando sul selciato come foglie ingiallite in questo strano autunno che stiamo vivendo.
Così, per tutti questi motivi, il ritorno è spartito con un’amica scomoda, mal sopportata ma
inevitabile: l’amarezza. E neanche lo struggente tramonto che Roma regala ai miei occhi riesce
a stemperare.

 

Stefano Renzi

iscritto alla sezione ANPI di Voghera