SESTO SAN GIOVANNI, “MONICA CHITTO’ – IL NOSTRO APRILE”
Domani è il 25 aprile, la Festa della Liberazione, la data che ci fa dire che questo mese è proprio nostro.
Una Liberazione, e una Resistenza fatta di donne e di uomini coraggiosi, a volte divenuti famosi, a volte rimasti nell’ombra, anche in una città che dal 18 giugno 1971 è Medaglia d’Oro al Valor Militare della Resistenza.
Sono figlia di un giovanissimo partigiano cattolico delle Fiamme Verdi, e ne vado fiera.
Mi capita spesso di pensare alle donne ed agli uomini della Resistenza, specialmente vivendo in una città che ne conserva tracce nelle vie, nelle piazze, nei monumenti, nell’intitolazione degli edifici, ma anche nella memoria e nella cultura diffusa.
Figure note e meno note, tutte importanti.
La memoria va a Giulio Casiraghi ed Umberto Fogagnolo, che organizzarono la lotta partigiana all’interno della Marelli, pagando con l’impiccagione nell’agosto 1944 in piazzale Loreto: due dei martiri celebrati con una poesia scabra e dolente da Salvatore Quasimodo.
Mi capita di pensare al prevosto don Enrico Mapelli, che tanto fece nella nostra città per le donne e gli uomini della Resistenza.
Penso ad Isa De Ponti, la “ Narva” staffetta partigiana collaboratrice dell’indimenticabile Giovanni Pesce, così come a quell’icona della Resistenza che è rappresentata da Annunziata Cesani, la nostra Ceda: partigiana in Emilia, da decenni memoria attiva di quella stagione nella nostra città, cui è dedicato, fra l’altro, uno spettacolo rappresentato sabato nei nostri giardini.
Penso a loro, ed a tante persone meno conosciute, o che comunque qui non posso citare tutte, con rispetto ed amore.
Penso a quanto coraggio ci sia voluto per organizzare gli scioperi del marzo 1943 (ho già parlato delle straordinarie operaie dei Magazzini Generali della Falck, ma mi piace ricordarle ancora) e del marzo 1944, quando scioperare costava come minimo il posto di lavoro e spesso la deportazione in Germania nei campi di sterminio, dai quali molti non sono tornati.
Penso a come sia stato difficile organizzare la Resistenza nelle fabbriche e nella città: il compito paziente, durissimo e coraggioso dei “gappisti”; penso all’eroismo di chi scelse la via della montagna, rifiutando di arruolarsi nelle truppe della Repubblica di Salò.
E rendo onore al coraggio dei seicentomila internati militari in Germania, soldati che dopo l’8 settembre vennero deportati e rifiutarono, con pochissime eccezioni, di tornare in Italia servendo l’esercito repubblichino.
Non ho mai ritenuto che la Resistenza non potesse essere oggetto di studio critico, ma mi sono sempre adirata, e ancor oggi m’inquieto, quando leggo o sento dire che ormai sono passati tanti anni, che una memoria condivisa deve capire le ragioni di entrambe le parti o, peggio, quando vengono presentate proposte di legge sciagurate che vorrebbero equiparare i partigiani ai militi della Guardia Nazionale Repubblicana.
Pietà umana per chi è caduto combattendo dalla parte sbagliata, d’accordo: ma non erano uguali.
Non erano uguali i soldati martiri a Cefalonia per non aver voluto arrendersi ai tedeschi ed i militi delle Brigate Nere; non erano uguali coloro i quali servivano un regime liberticida ed i partigiani che ci hanno ridato libertà, dignità nazionale, valori sui quali ricostruire.
Per questo sfilerò in corteo a Milano il pomeriggio del 25 aprile: perché è anche la mia festa, perché è il nostro aprile.
E sono orgogliosa, infine, di essere cittadina della Repubblica democratica nata dalla Resistenza.
Monica Chittò