Menu:

galleria fotografica

GALLERIA
FOTOGRAFICA


       



   Arturo Capettini

“ Cara mamma,
quando riceverai questa, io non ci sarò più, il piombo nemico mi avrà già freddato, perciò
mi raccomando a te i miei cari figlioli, baciali tanto per me, come pure Tilde ed istruiscili
finché siano buoni patrioti come lo fui io e che facciano di tutto per vendicarmi.
Caramente bacio tutti per l’ultima volta, addio evviva l’Italia evviva l’idea comune.
Vostro

Arturo ”

 

Sono le ultime parole di Arturo Capettini (Medaglia d’Oro al Valor Militare della Resistenza), consegnate alla nostra memoria nella raccolta delle "Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana", curata da Pietro Malvezzi e Giovanni Pirelli. La lettera è conservata presso l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri - Milano (sito web: http://www.italia-liberazione.it/parri-milano).
Il messaggio di Arturo Capettini, nome di battaglia "Giuseppe", è anche l’unico di un partigiano
della provincia di Pavia contenuto tra i centododici documenti presenti nel volume, più volte
ristampato dalla casa editrice Einaudi a partire dal 1952.

Ma chi era Arturo Capettini?
Arturo Capettini (fotografia dal sito INSMLI - Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia) La sintetica biografia, che accompagna la sua ultima
lettera, ci parla di un "vecchio" antifascista (anche se ha
solo 43 anni quando viene ucciso) - nato a Zeme
Lomellina
(PV) il 17 marzo 1900, di professione commerciante - che per la sua militanza comunista ha
patito la disoccupazione, subito persecuzioni e
innumerevoli fermi di polizia da parte del regime fascista in
molteplici occasioni (per ogni visita di gerarchi nella zona,
ad esempio), fino all’espatrio prima in Svizzera e poi in
Francia. Capettini rappresenta la generazione che ha
tenuto duro negli anni del fascismo trionfante e del
consenso di massa, contribuendo a mantenere in piedi una
rete organizzativa contro il regime, e consentendo così, dopo l’8 settembre 1943, la saldatura con i giovani che
hanno scelto la strada della lotta partigiana.

Da Mortara, in Lomellina, dove Arturo con la moglie
Matilde Bottero** gestisce un negozio per articoli di bicicletta, mentre il fratello Cesare lavora
come operaio meccanico, la famiglia Capettini si trasferisce nel 1939 a Milano.
Una fase nuova che coincide con l’inizio della guerra, le privazioni, i bombardamenti,
le distruzioni. La casa dei Capettini in viale Montesanto 10 ed il nuovo laboratorio diventano,
prima e dopo l’8 settembre, un punto di riferimento per la Resistenza, per prigionieri fuggiti
in cerca di accoglienza, per operai delle fabbriche che si stanno organizzando, deposito di
materiale bellico e stampa clandestina per la 3º brigata Garibaldi GAP.
I due figli di Arturo e Tilde sono sfollati a Mortara, presso la nonna Maria, dove spesso i genitori
li raggiungono, anche perché Capettini non manca di contribuire con la sua iniziativa al supporto
dei primi gruppi partigiani che si stanno formando anche nel centro lomellino.

Ed è proprio a Mortara, il 19 dicembre 1943 che - a seguito di una azione gappista che ha ucciso
un militare tedesco e ferito una fascista - il comando tedesco attua, la sera stessa, un blocco
presso la locale stazione fermando tutti i passeggeri in arrivo da Milano.
Capettini viene arrestato e trasferito nel carcere di San Vittore, al VI raggio.
Cesare e Matilde Bottero Capettini (fotografie tratte da "Memorie" di Matilde Bottero Capettini-Guardamagna Varzi 2013 La situazione precipita. Il fratello Cesare (militare tornato a casa dopo l’armistizio e renitente
alla leva di Salò) fortemente preoccupato per la possibile scoperta di armi nel negozio milanese,
decide di spostare il materiale. Ma l’operazione, per una delazione o a causa della sorveglianza,
viene intercettata e la milizia fascista arresta Cesare. Condotto a San Vittore, nello stesso
raggio di Arturo, nonostante le brutali percosse, non rivela nessuna informazione sull’attività
clandestina. Viene deportato a Mauthusen nel febbraio 1944, probabilmente con il trasporto
giuntovi il 21: destinato al sottocampo di Gusen morirà 4 marzo del 1945.
Anche la moglie Matilde viene arrestata nella notte tra il 20 e 21 dicembre ’43, subendo la
brutalità e le minacce dei repubblichini. In carcere riuscirà ad incontrare casualmente Cesare, mentre riceverà un messaggio dal marito Arturo che comunica la sua presenza nel carcere. Poi non avrà più notizie. San Vittore
solo per vie traverse, mentre incrocerà nei corridoi della prigione il cognato che porta i segni
delle violenze subite. Resterà in carcere per quattro mesi ed altri tre di detenzione
nel campo di Fossoli. Scoprirà la sorte del marito solo tre mesi dopo la sua morte.

poligono di tiro della Cagnola Per Capettini, sul quale si
accaniscono i carcerieri
nazisti
, la sorte è segnata
dall’accusa di "costituzione di
banda armata"
, che viene
decretata anche contro altri tre partigiani: Cesare Poli,
Gaetano Andreoli, Angelo
Scotti
, tutti della Terza GAP.
L’esito del processo è già
stato deciso, ancora prima
del suo svolgimento.
Per il Tribunale straordinario
militare di guerra
la
condanna è la pena capitale
per Capettini, Andreoli e Poli
per aver “…cooperato nella
fabbricazione di ordigni
esplosivi e nella detenzione degli stessi e di materiale di propaganda comunista, al fine di
provocare un movimento insurrezionale armato contro i poteri dello stato”
, così si legge
nella cronaca del Corriere della Sera nell’edizione pomeridiana del 1-2 gennaio 1944.
Il 31 dicembre 1943, a Milano presso il poligono di tiro della Cagnola, Arturo Capettini,
Cesare Poli
e Gaetano Andreoli vengono fucilati, mentre Giacomo Scotti passerà per
le"camere a gas" in Germania nel luglio 1944.
Poco distante dal luogo dell’esecuzione, in Piazzale Accursio a Milano, è stato eretto un cippo per ricordare l’episodio. Sul muro dell’edificio al numero 10 di via Monte Santo invece, una lapide celebra l’intensa attività antifascista di Capettini:



“Antesignano e pioniere/della lotta partigiana/Arturo Capettini/profetizzò in questa officina/i contrastati ideali/e le gesta clandestine/per una Italia libera e democratica/la sezione comunista/"Fratelli Capettini"/accomunando nel ricordo i martiri/Andreoli-Poli-Scotti/nel secondo anniversario/del loro olocausto/31-12-1943 - 31-12-1945”



Nel gennaio 1944 il PCI pavese decide che la prima brigata Garibaldi in fase di costituzione
nell’Oltrepo pavese porterà il nome di Arturo Capettini.
Il distaccamento si formerà nel maggio 1944 con il nome di 51º brigata Arturo Capettini.


** Nell’anno (2013) del 70º anniversario della fucilazione di Arturo Capettini ("Giuseppe") è stato pubblicato il volumetto "Memorie" -Arturo Capettini: Medaglia d’Oro al Valor Militare della Resistenza. Come nacque il nome della Brigata partigiana che combattè nell’Oltrepò Pavese di Matilde Bottero Capettini ( ed. Guardamagna Varzi) nella cui dedica la figlia Vampa Capettini Brusamonti scrive:

“Per ricordare mio padre Arturo che ha capito e contrastato il fascismo a costo della vita

Per mio zio Cesare che è stato vittima innocente degli eventi

E a mia mamma Tilde che ha saputo scrivere delle sue peripezie”

Vi proponiamo inoltre, in occasione delle celebrazioni per il 70º anniversario della fucilazione della Cagnola il pieghevole prodotto dal Comune di Milano

Onoriamo i martiri del poligono (925 kb)

 

BIBLIOGRAFIA

Torna alle Biografie