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    Terminava in Bolivia 50 anni fa l'avventura
    del "Che"


«In un giorno d'ottobre, in terra boliviana, con cento colpi è morto Ernesto Che Guevara…». Così Francesco Guccini cantava, nella sua "Stagioni", la tragica fine, a La Higuera il 9 ottobre 1967, di Ernesto Guevara de la Serna.
Sono passati 50 anni dalla scomparsa di un mito, un guerrigliero, un medico, un rivoluzionario, un utopista o semplicemente di un sognatore.
Vogliamo ricordare, su questo sito web, il "Che" con due contributi: un articolo apparso ( l'8/10ߡ) sul quotidiano comunista "il manifesto", il quale riprende un suo vecchio articolo (datato 1 ottobre 1987) a firma del grande scrittore e giornalista argentino Osvaldo Soriano, ed alcuni stralci tratti dalla splendida biografia che sulla figura del rivoluzionario argentino ha redatto lo scrittore messicano Paco Ignacio Taibo II.
Buona lettura.

 


«Che Guevara. Le sue parole d'ordine si stamparono sui muri di Parigi, Londra, Bologna e penetrarono le coscienze di quei giovani che erano convinti di poter cambiare un mondo ingiusto e noioso».

Questo è l'incipit di un articolo che Osvaldo Soriano dedicò ad Ernesto "Che" Guevara e che il quotidiano comunista "il manifesto", pubblicò in data 1 ottobre 1987.


(L'articolo "Le rivoluzioni hanno avuto il suo volto" è stato ripubblicato in data 08/10/2017, sempre dal quotidiano "il manifesto" in occasione del cinquntenario della morte del Che

 

"Senza perdere la tenerezza"


Comandante
Sono passati quattro mesi e mezzo da quando è stato nominato comandante e il Che si sente un fallito. Ha condotto con successo alcune scaramucce di cui non è riuscito a sfruttare i risultati iniziali; ha dovuto ritirarssi diverse volte, ha dovuto cedere la sua amata base di El Hombrito; Ha continui scontri con la direzione del Movimento della Pianura e non ha seguito i consigli di Fidel, rischiando tyroppo, e di conseguenza adesso è ferito. Questo spiega perché resti a capo di un distaccamento e restituisca a Fidel il comando diretto della parte più importante della sua colonna. E forse è presto perché possa valutare i due grandi successi che ha ottenuto in questi mesi: ha creato un'amplissima rete contadina che lo rispetta ed ha per lui un'autentica adorazione, e ha innalzato intorno a sé un'aurea magica. Il Che è il giusto, l'egualitario, quello che non chiede mai a nessuno di fare qualcosa che lui non fa.

I Mau Mau a Santa Clara
Alla testa della colonna, puntando su Santa Clara, cavalcava la fama dei ribelli, noti come i Mau Mau, di cui si diceva che fossero cavallereschi, magnanimi, che liberavano i prigionieri dopo aver spiegato loro i motivi della rivoluzione, curavano i feriti propri e altrui, non abbandonavano mai un compagno in combattimento, avvertvano dei loro attacchi, rifuggivano gli inutili spargimenti di sangue, vendicavano le offese fatte al popolo, non venivano mai sconfitti. […] Il Che progetta l'ultima spallata alle forze nemiche […]. Ha su di sé la responsabilità di mandare in battaglia per il quarto giorno consecutivo uomini che a malapena hanno dormito e hanno sulle spalle due settimane di combattimenti continui […] Ricordo un episodio che dimostra lo spirito delle nostre forze in quegli ultimi giorni. Avevo ammonito un soldato che stava dormendo in piena battaglia, e lui mi rispose che lo avevano disarmato percé gli era sfuggito un colpo. Gli risposi con la mia abituale secchezza: guadagnati un altro fucile andando in prima linea disarmato…se sei capace di farlo. A Santa Clara, mentre incoraggiavo i feriti nell'ospedale d'emergenza, un moribondo mi toccò la mano e disse: Ricorda comandante? Mi ha mandato a cercarrmi un'arma a Redios e me lasono guadagnata qui. Era il combattente a cui era sfuggito un colpo, che pochi minuti dopo morì, ed era contento di aver dimostrato il proprio coraggio.

"Neppure il Che poteva essere sempre come il Che"
Il Che percepisce all'interno della società cubana un aumento della burocratizzazione. [hellip;] Conosce solo un modo per combattere la burocratizzazione, il contatto diretto, il rapporto personale tra dirigenza e base. L'autore ha raccolto una testimonianza di L´zaro Buría, che a diciassette anni era magazziniere in uno stabilimento metallurgico. Una domenica gli si presentò il Che con un gruppo di quadri del ministero e gli chiese:
«È lei il responsabile?»
E proseguì: «Cosa c'è da fare?»
«È venuto a lavorare?»
«Sì, è un lavoro volontario… lei è il capo? Avanti, allora cosa c'è da fare?» Il ragazzo esita, poi agisce di conseguenza e lo mette a misurare i tondini di ferro.

La disfatta di Front de Force
Il giorno seguente studia con il ruandese Mundandi la caserma di Front de Force. Di nuovo il Che si oppone all'operazione [hellip;] Nel suo bilancio del mese di giugno scrive:Quando tutto indicava l'inizio di una nuova era , si verifica la morte di Mitoudidi e la nube si addensa. [hellip;] Kabila ha annunciato il suo arrivo in ripetute occaioni, cosa che non si è mai avverata; la disorganizzazione è totale. Il fatto positivo è l'idea che gli uomini siano al fronte; ma quello negativo è l'annuncio di un attacco che può essere folle [&hellip].
Non si sbagliava [hellip;] Era andato tutto male.

Le diciotto ore di La Higuera
Il Che era seduto su una panca, con i polsi legati, le spalle al muro. Ter´n esita, dice qualcosa. Il Che risponde; «Perché disturbarsi? Sei venuto ad uccidermi»
Ter´n fa un movimento come per andarsene e spara la prima raffica rispondendo alla frase che quasi ternt'anni dopo dicono abbia pronunciato il Che:

«Spara vigliacco, che stai per uccidere un uomo.»

(brani tratti dal libro di Paco Ignacio Taibo II "Senza perdere la tenerezza" Vita e morte di Ernesto Che Guevara 1996)

 


«…il vero rivoluzionarioè guidato da grandi sentimenti d'amore. È impossibile concepire un rivoluzionario autentico privo di questa qualità […] I nostri rivoluzionari d'avanguardia devono idealizzare questo amore per i popoli, per le cause più sacre e renderlo unico, indivisibile»

«…Quando al finale di tutte le giornate non avrò più un futuro fatto cammino, verrò a rinverdirmi nel tuo sguardo come ridente brandello di destino.
Partirò per cammini più ampli del ricordo concatenando addii nel fluire del tempo»


Ernesto Guevara