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   L’ANPI Voghera commenta

Abbiamo voluto dedicare questa pagina web alle prese di posizione, ad eventuali polemiche verso fatti ed episodi accaduti in città o nella nostra provincia.
L’obbiettivo è quello di sollecitare dibattiti, evidenziare avvenimenti e notizie, comunicare la nostra posizione sulla vita sociale e culturale nazionale ed iriense.

 

- 10 Giugno 2017 -

10/6/1924: il caso Matteotti




In un paese, come l’Italia, in cui troppo spesso la scarsa o la "cattiva" memoria storica è purtroppo una costante, ci sembra giusto e doveroso ricordare avvenimenti e personaggi che hanno scandito il nostro passato in quanto ciò che è stato' sia da monito o esempio ed insegnamento per il prossimo futuro.
È questo il caso dell'omicidio di Giacomo Matteotti avvenuto il 10 Giugno 1924 a Roma da parte della squadraccia di Amerigo Dumini.
Mussolini, nell'intervento parlamentare del gennaio 1925 si assunse la responsabilità "morale" dell'assassinio, aprendo la strada alle leggi liberticide ed alla costruzione del regime fascista.
Ricordiamo che all'uomo politico, giornalista e antifascista italiano, segretario del Partito Socialista Unitario, fu intitolata una delle brigate partigiane operanti nell'Oltrepo Pavese.

 

Ricordiamo Giacomo Matteotti assassinato dai fascisti il 10 giugno 1924

Giacomo Matteotti nasce a Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, il 22 maggio del 1885.  I Matteotti sono una famiglia benestante. Dopo il liceo, Giacomo si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bologna, dove si laurea con una tesi in diritto penale.
Le prime testimonianze della sua militanza politica risalgono al 1904, quando inizia a collaborare al periodico socialista di Rovigo 'La Lotta'. Non sappiamo su quali letture maturi la sua fede politica, né come viva i contrasti interni al partito socialista dei primi anni del secolo. I biografi di Matteotti ci raccontano che dalla fine del 1910 il giovane socialista è fra i protagonisti della vita politica e amministrativa di Rovigo, che nel 1912 è un fiero avversario della guerra di Libia, e che allo scoppio della prima guerra mondiale si schiera risolutamente per la neutralità.
Ma all'interno del tumultuoso partito socialista qual è la posizione di Matteotti' Al congresso di Bologna del 1919 si schiera contro i massimalisti e contro i riformisti; sostiene una concezione della lotta politica volontaristica e dinamica che ha assonanze con il pensiero di Sorel e che nulla deve al riformismo europeo. Alcuni lo definiscono un riformista rivoluzionario.
Quando viene eletto deputato, - nelle elezioni del 1919 - ha notevoli competenze, acquisite attraverso l'esperienza di amministratore locale. Ma è con l'opposizione al regime fascista che Matteotti diviene un leader politico di livello nazionale. Come la maggior parte dei suoi compagni di partito, egli vede nel fascismo la reazione della borghesia alle lotte del movimento operaio. Vuole combattere il regime coniugando socialismo e democrazia e rivendicando l'importanza della questione morale.
Nell'ottobre del 1921, al congresso socialista di Roma, la spaccatura fra riformisti e massimalisti diventa insanabile. Matteotti si schiera con i riformisti di Turati ed esce dal partito dando vita ad una nuova formazione politica: il partito socialista unitario. Non è mai stato un gradualista e non è vicino a Turati. La scelta deriva dal rifiuto per il modello sovietico verso cui tendono importanti correnti del partito socialista, desiderose di ricongiungersi con i comunisti. La battaglia per la questione morale è, invece, alle origini della sua morte.
Il 30 maggio del 1924 denuncia alla Camera dei deputati le violenze e i brogli elettorali che hanno portato il partito di Mussolini al 66,3% dei consensi. Nei mesi precedenti ha anche scoperto il giro d'affari che lega il fascismo alla compagnia petrolifera Sinclair Oil, ed è pronto a rivelarlo. Si iscrive a parlare alla Camera per la seduta dell'11 giugno, ma il giorno prima è rapito e trucidato dai fascisti.

Biografia tratta dal sito web del programma televisivo di approfondimento storico La Storia siamo noi

 

Il testo della lettera che Velia, la moglie di Matteotti, pubblicò, alla vigilia delle esequie del marito:

«Chiedo che nessuna rappresentanza della Milizia fascista sia di scorta al treno: nessun milite fascista di qualunque grado o carica comparisca, nemmeno sotto forma di funzionario di servizio.
Chiedo che nessuna camicia nera si mostri davanti al feretro e ai miei occhi durante tutto il viaggio, né a Fratta Polesine, fino a tanto che la salma sarà sepolta.
Voglio viaggiare come semplice cittadina, che compie il suo dovere per poter esigere i suoi diritti; indi, nessuna vettura-salon, nessun scompartimento riservato, nessuna agevolazione o privilegio; ma nessuna disposizione per modificare il percorso del treno quale risulta dall'orario di dominio pubblico.
Se ragioni di ordine pubblico impongono un servizio d'ordine, sia esso affidato solamente a soldati d'Italia».


(Tratto dal sito web Rai News.it )

Vi proponiamo (in fomato pdf) La versione integrale dell'ultimo discorso di Giacomo Matteotti al Parlamento il 3 maggio 1924.

«MINATE L'INTIMA ESSENZA DELLA NAZIONE»

«MINATE L'INTIMA ESSENZA DELLA NAZIONE»
(in formato pdf 186 kb)