Menu:

galleria fotografica

GALLERIA
FOTOGRAFICA


       

 
Lista "Commenti"
precedenti:

Vai all’intera lista dei
commenti pubblicati

"Commenti" precedenti




   L’ANPI Voghera commenta

Abbiamo voluto dedicare questa pagina web alle prese di posizione, ad eventuali polemiche verso fatti ed episodi accaduti in città o nella nostra provincia.
L’obbiettivo è quello di sollecitare dibattiti, evidenziare avvenimenti e notizie, comunicare la nostra posizione sulla vita sociale e culturale nazionale ed iriense.

 

- 24 Novembre 2011 -

I 98 anni del Conte Partigiano




Nel quattrocentesco castello di Torre degli Alberi abita il
Conte-Partigiano Luchino Dal Verme, con la moglie la
contessa Francisca Paravicini, sposata 62 anni fa.
Il prossimo 25 novembre compirà 98 anni. Per la sua
partecipazione alla lotta partigiana ebbe numerosi
riconoscimenti come una Medaglia di Bronzo americana
dal gen. Clark nel 1945 e poi la cittadinanza onoraria di
Torrazza Coste e di Casteggio.
Con un filo di emozione mi ha raccontato le vicende
storiche, che l’hanno visto protagonista:

«Quando il 10 giugno del 1940 Mussolini dichiarò la
guerra alle potenze occidentali, fui richiamato in
servizio, presso caserma Santa Barbara di Milano,
come ufficiale nel Reggimento d’artiglieria “ Batteria
a cavallo”.

Dopo alcuni giorni partimmo alla volta del fronte
francese, precisamente al passo del Moncenisio, con i
cavalli, il mio si chiamava Urbino e con i cannoni
addirittura della prima guerra mondiale.

Durante il tragitto dissi al mio comandante: ”Perché
dobbiamo fare la guerra alla Francia, cosa ci ha fatto
di male”. Lui mi rispose: “Tu devi fare il tuo dovere di
militare, cioè obbedire”.
Non capii proprio l’assurdità di questo conflitto.

Agli inizi di luglio del 1941 partii per il fronte russo, fu
un’esperienza terribile.

Vidi galleggiare, lungo il fiume Dnepr, diversi cadaveri
di ebrei russi uccisi dai tedeschi. Nella steppa rischiai
la vita, vidi la morte in faccia.


Per un normale avvicendamento io e i miei soldati ritornammo in Italia nell’ottobre del
1942 e fummo destinati a Lugo di Romagna (Forli). In questa località la sera dell’otto
settembre del 1943 ci sorprese l’annuncio dell’armistizio e fuggii.

Verso la metà di settembre ritornai a Torre degli Alberi dai miei familiari, e non mi
ripresentai più, ai vari bandi di arruolamento della R.S.I.

Per la prima volta in vita mia non seppi quale fosse il mio dovere. Dopo qualche mese
incontrai i partigiani di Italo Pietra (Edoardo), al quale rimasi affezionato tutta la vita.
Era veramente una brava persona. Nel 1990 quando mori partecipai al suo funerale.
Decisi così di aderire alla lotta partigiana e presi il nome di battaglia “Maino”(sottomarca
della bicicletta Legnano).

Il nostro rifugio fu realizzato nei boschi e nei fienili della frazione Scagni di Fortunago.
Fondamentale fu l’aiuto dei contadini, i quali ci regalarono quelle poche derrate alimentari
che possedevano.

La partecipazione alla lotta di liberazione fu una naturale reazione allo sfascio
dell’esercito italiano dovuto alla fuga ignobile del re ed all’occupazione militare tedesca.
Vittorio Emanule III non adempiì ai doveri di un sovrano, perché scappò con tutta la sua
famiglia. Al termine della guerra mi chiesero di incontrare il principe Umberto di Savoia,
ma io rifiutai senza esitazione ed anche se di famiglia monarchica, nell’occasione
referendaria del 2 giugno del 1946 votai per la Repubblica.

Numerose furono le azioni belliche contro i nazifascisti. I nostri obiettivi furono, secondo
le direttive degli Alleati, tendere delle imboscate sulla via Emilia e distruggere i binari
della ferrovia Genova-Piacenza. La morte dei militari nemici non ci interessò mai, ma
distruggemmo e rubammo il loro arsenale bellico.


Per i successi ottenuti comandai la brigata garibaldina “Casotti” e dal marzo del 1945 ebbi
la direzione, addirittura, della divisione garibaldina ”A. Gramsci”, che comprendeva
diverse brigate partigiane. I nazifascisti del presidio di Voghera, per rappresaglia, il
1novembre del 1944 arrestarono a Torrazza Coste circa 22 cittadini e li rinchiusero nelle
carceri della caserma di cavalleria in Voghera con l’intenzione di fucilarli. Alcuni partigiani
mi informarono di questo grave pericolo ed allora trattai la liberazione con un ufficiale
repubblichino all’ospedale militare di Voghera, perché era ricoverato in seguito ad una
ferita ad un piede. Questo militare lo conobbi durante la campagna di Russia. Dopo alcuni
giorni gli ostaggi furono liberati. Alla vigilia della liberazione mi recai a Rivazza di Borgo
Priolo per trattare la resa con i capi del presidio di Casteggio, per evitare un inutile
spargimento di sangue. Ma i nazifascisti non vollero arrendersi.

Nella notte tra il 25 e il 26 aprile attaccammo il presidio nazifascista di Casteggio. Dopo tante ore di accaniti combattimenti, la mattina del 26 aprile, il paese fu liberato.
Un presidio tedesco, localizzato vicino al ponte del torrente Rile, non volle arrendersi,
allora inviai il mio capo di stato maggiore Franco Anselmi (Marco), una persona molto
gentile e disponibile, il quale prese il comando dell’azione e nell’attacco frontale cadde
colpito da una raffica di mitragliatrice tedesca.

Voglio ribadire dopo tanti anni, che non fu ucciso dai partigiani, né in modo volontario né
in maniera accidentale. L’ostinata resistenza e la morte di Anselmi, costerà la condanna
alla fucilazione, decretata dal tribunale del popolo, del tenente tedesco Neuman e di altri
esponenti delle Brigate Nere.


Il generale Raffaele Cadorna, comandante del C.V.L., mi chiese di recarmi urgentemente a
Milano ed arrivai il 27 aprile ed con altri partigiani alloggiammo nelle scuole di viale
Romagna e qui conobbi esponenti di spicco della resistenza come Sandro Pertini.

In questa città trattai la resa di un presidio tedesco, un comandante tedesco ordinò ai
suoi 30 ufficiali di deporre le armi ed arrendersi.

I militari gettarono le 30 pistole sul tavolo del comando ed il rumore delle armi, mi
emozionò molto.

Della guerra non ne potevo più e non partecipai alla spedizione di Dongo. Dopo alcuni
giorni ritornai a Torre degli Alberi dai miei genitori.

La guerra è una cosa davvero tremenda, imbestialisce l’uomo e le giovani generazioni si
devono impegnare a fondo per costruire la pace, come noi abbiamo fatto per la lotta di
liberazione»
.

 

Giancarlo Bertelegni