Abbiamo voluto dedicare questa pagina web alle prese di posizione, ad eventuali polemiche verso fatti ed
episodi accaduti in città o nella nostra provincia.
L’obbiettivo è quello di sollecitare dibattiti, evidenziare avvenimenti e notizie, comunicare la nostra posizione sulla vita
sociale e culturale nazionale ed iriense.
- 27 Gennaio 2009 -
Una «Memoria» così attuale
27 Gennaio. «Memoria» come Ricordo, come Monito.
"Voce" che ci rammenti quanto l’«Indicibile» non sia mai
stato definitivamente relegato in un angolo, un orrendo
fantasma di un lontano passato ormai estirpato.
La «Memoria» come "guardiana, sentinella"
a ricordare che i germi progenitori di quell’abominio non
sono stati cancellati, e che quella «infezione latente»
cova come la brace sotto la cenere, pronta a ridestarsi,
a mordere a dilaniare ancora.
Come sono purtroppo attuali e quasi profetiche le
parole che Primo Levi scrisse nella prefazione di
"Se questo è un uomo"
«A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere,
più o meno consapevolmente, che "ogni straniero
è nemico". Per lo più questa convinzione giace
in fondo agli animi come una infezione
latente: […] Ma quando questo avviene […] allora,
al termine della catena sta il Lager.»
Il nuovo Millennio non è certo esente da questa pratica.
Ha partorito i suoi "nemici" da combattere, già pronti da
«usare e gettar via», in nome di altri indicibili interessi.
I moderni «stranieri, nemici,», gli attuali «diversi, reietti»,
gli «altri del nostro tempo» sono marchiati dagli untori del
2000 come "nemici combattenti, entità nemiche".
Ci si serve, ci si nutre dell’odio per l’altro in un artificioso
"scontro di civiltà".
Si creano nuovi integralismi ed antichi fanatismi
vengono evocati in un delirante turbine di
fondamentalismi laici e religiosi che si alimentano
reciprocamente, dando vita a crimini e massacri, giustificati o celati dietro a paraventi linguistici neutri od enfatici quali «danni collaterali,
Jhiad, guerra umanitaria», e tutti "benedetti" dal proprio DIO, spirituale o materiale che sia.
Comunque, un denominatore comune alla fine emerge da queste azioni.
"Dolore, Morte , Disperazione".
«[…] Non posso piangere qui, nel mio inferno, perché annego ogni giorno in un oceano di
sangue. Un’onda sommerge l’altra. Non hai un momento per ritirarti nel tuo angolo
e piangere, piangere su questa distruzione. La morte permanente e sistematica, che qui è
l’unica vita di tutta la vita, ricopre, sconvolge, annienta i tuoi sentimenti.
Non puoi provare neppure il più grande dei dolori. Il dolore individuale è inghiottito dal
dolore collettivo.[…] A volte ho sperato, mi sono consolato all’idea che sarebbe arrivato
un giorno, un giorno in cui io avrei avuto finalmente la grazia di poter
piangere - ma chissà…» (Salmen Gradowski "Sonderkommando")
Nel nostro provinciale cortile di casa, gli italici diversi, i "nostri nemici" ( deboli ed inermi capri
espiatori di miseri interessi di bottega) hanno i volti di Rom, immigrati, lavavetri, clochard,
«pericolosi turbatori» della sicurezza, dell’ordine e del "pubblico decoro".
Gli effetti sociali generati da queste logiche perverse possono essere di due tipi.
Una sconsolata smisurata impotenza:
«Ora lo so che avremmo dovuto balzare fuori dalle baracche […] assalire tutti assieme la
baracca dalla quale un’SS conduceva, ad una ad una, le ragazze nella baracca
col forno distante venti passi. Le mitragliatrici […] avrebbero falciato la nostra
massa zebrata, […] ma quella fine ci avrebbe salvato dall’angoscia e dall’umiliazione
che si erano depositate in noi. Il pensiero però, in quella moltitudine affamata si era
inaridito, se n’era andato insieme al succo vitale che scorreva
via dai corpi con la diarrea» (Boris Pahor "Necropoli")
oppure quell’angoscia e quell’umiliazione si può tramutare in una rabbia sorda,
in un’esplosione di odio cieco, una contrapposizione violenta che innesca una
ciclica perversa barbarie. Ed è per questi motivi, che noi come ANPI Voghera e
Collettivo studentesco "Jacopo Dentici", riprendendo i passi finali del nostro comunicato in
occasione della «Giornata della Memoria 2009», ribadiamo che non crediamo che la
«Memoria» sia una specie di immagine sfocata da incorniciare sullo sfondo perdendo di vista
i torti e le ragioni.
«Fare Memoria» significa conoscere la Storia e continuare a giudicare quei mali oggi,
nel presente.
Solo così sapremo riconoscere i pericoli dell’odierna xenofobia, dei nuovi pregiudizi
e del razzismo.
Solo così saremo capaci di fare della «Giornata della Memoria» un caposaldo della coscienza
pubblica e di celebrarla nella piena consapevolezza del suo più autentico messaggio:
"Essere un giorno per i vivi. E per coloro che verranno".