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   L’ANPI Voghera commenta

Abbiamo voluto dedicare questa pagina web alle prese di posizione, ad eventuali polemiche verso fatti ed episodi accaduti in città o nella nostra provincia.
L’obbiettivo è quello di sollecitare dibattiti, evidenziare avvenimenti e notizie, comunicare la nostra posizione sulla vita sociale e culturale nazionale ed iriense.

 

- 23 Febbraio 2009 -

L’odore di odio e paura




Mio padre, quando sono nata nel 1954, non c’era. Stava
a Zurigo a lavorare.
Mio zio Egidio, stava anche lui a Zurigo, a lavorare, ed io
li vedevo solo a Natale, a Pasqua e a Ferragosto.
Io ero molto contenta quando arrivavano perché
ci portavano dalla Svizzera i cioccolatini e, a mia mamma,
il caffè, lo zucchero e i dadi di pollo.
Per il resto dell’anno io e i miei fratelli eravamo orfani
di padre.
Mia zia Felicita l’ho vista solo due o tre volte nella mia
vita perché stava a Buenos Aires, a lavorare.
Ora, nel 2009, mia figlia Sara sta a Parigi per lavorare.
E le sue amiche stanno a Berlino, Londra e Barcellona, per lavorare.
In Italia, altri cittadini, da altri paesi, sono venuti
per lavorare.
Io vorrei che Sara, a Parigi, le sue amiche, nel resto
del mondo, fossero trattate da pari, un po’ di più e
un po’ meglio di come sono stati trattati mio padre,
mio zio Egidio e mia zia Felicita, a Zurigo
ed a Buenos Aires.
Per questo penso che in Italia, dovremmo trattare da
pari, un po’ di più e un po’meglio tutti quelli che
sono venuti qui, a lavorare.
E reagire, con forza, contro il cosiddetto
"pacchetto sicurezza".

Perché il razzismo non è mai a senso unico,
una volta sei bianco ed un’altra sei nero, ma se hai
provato ad essere "nero" te ne ricordi.
E dovrebbero ricordarsene le migliaia di italiani,
i loro figli, i loro nipoti, che come mio padre, mio zio Egidio
e mia zia Felicita, hanno vissuto anni da "nero" in territori "bianchi": anni di discriminazioni,
di relegazione nei ghetti per immigrati.
Comunque, i miei parenti all’estero, sono stati trattati molto meglio di come oggi sono trattati gli
immigrati in Italia.
Io ho paura, come donna e come madre, delle "ronde", esemplificazione dell’odore di odio e
paura che si va velocemente diffondendo in Italia.
Specchietto per non parlare dei problemi reali del paese.
Il maggior numero delle violenze sulle donne avviene tra le mura domestiche "in famiglia".
Diffido delle "misure speciali", delle polizie sempre più numerose e sempre meno affidabili
e democratiche.
Questo paese, quello delle leggi speciali contro e non a favore, non mi rappresenta,
non difende i miei diritti, ne’ quelli dei cittadini stranieri.
Ed i diritti calpestati, prima o poi, ci riguardano tutti, da vicino.

 

Enrica Bartesaghi*

L’intervento è tratto dal dal supplemento settimanale della Mailing List,
presente sul sito Peacelink, "La nonviolenza è in cammino" dal titolo Nonviolenza.
Femminile plurale

*Enrica Bartesaghi è il presidente del comitato "Verità e giustizia per
Genova"
(sito: www.veritagiustizia.it), è autrice del libro «Genova, il posto sbagliato. La Diaz,
Bolzaneto, il carcere: diario di una madre»
, Nonluoghi libere edizioni, 2004.