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   L’ANPI Voghera commenta

Abbiamo voluto dedicare questa pagina web alle prese di posizione, ad eventuali polemiche verso fatti ed episodi accaduti in città o nella nostra provincia.
L’obbiettivo è quello di sollecitare dibattiti, evidenziare avvenimenti e notizie, comunicare la nostra posizione sulla vita sociale e culturale nazionale ed iriense.

 

- 25 Aprile 2017 -

Voghera 25 Aprile 2017: orazione ufficiale di Primarosa Pia tenutasi nella sala consiliare della Città di Voghera



Pubblichiamo il testo dell’orazione ufficiale (molto apprezzata e suggellata da un lungo applauso finale) che la Dott.ssaPrimarosa Pia ha tenuto, nella sala consiliare della Città di Voghera, in occasione del 72º Anniversario della Liberazione.

 

Voghera 25 Aprile 2017: orazione ufficiale tenutasi il 25 aprile 2017 nella sala consiliare della Città di Voghera


Primarosa Pia



Saluto ai testimoni presenti.
Chiedo innanzitutto un minuto di silenzio per i personaggi della Resistenza ci hanno lasciati in questo anno.
Anzitutto ringrazio per l'invito, ringrazio chi non mi conosce per la fiducia che mi ha accordato, ma soprattutto chi mi conosce, e conosce il mio parlare, ma soprattutto il mio pensare, del tutto libero da stereotipi, ideologie, o facili suggestioni.

Molte volte, in questo ultimo mese, ho provato a immaginare cosa avrei potuto dire, oggi, evitando la retorica che non fa parte del mio essere, in questa giornata rituale ma che vorrei non "scontata", per renderla, contemporaneamente, festosa, meditativa, e soprattutto costruttiva.
Festeggiamo, festeggiamo la nostra pasqua laica, la resurrezione del nostro popolo dal fascismo, dalle sue violenze, dalle sue aggressioni, dalle sue menzogne, poi, aggravato dal nazismo, dalla guerra, dall'occupazione, dalle stragi, dai rastrellamenti, dalle deportazioni, dalle torture e dalle fucilazioni, e anche dai bombardamenti. Difficile festeggiare su un terreno intriso di sangue, ma in questo giorno, settantadue anni fa, la pasqua del nostro popolo è arrivata, per tutti, per quasi tutti, almeno con la fine della paura. I vivi potevano tornare a osservare il cielo senza scrutarlo, a viaggiare senza guardarsi alle spalle, a parlare senza abbassare lo sguardo, a stringere la mano a un amico senza temere un tradimento, a progettare un futuro, una famiglia, una rinascita culturale e soprattutto morale in un Paese libero.

Succede anche nelle feste familiari… un posto vuoto a tavola… e scatta il ricordo, la malinconia, lo sguardo corre a una fotografia, il cuore si aggrappa a un ricordo…
E’ così anche oggi, facciamo festa, ma sappiamo bene il prezzo che è costata questa festa, a quante fotografie deve correre il nostro sguardo, quanta riconoscenza deve esserci nel nostro agire, e l' abbiamo fmanifestata, oggi, con tutto il nostro cuore.
Le donne e gli uomini che hanno scelto di opporsi al nazifascismo, alle sopraffazioni e alle violenze diventate intollerabili, lo hanno fatto certamente pensando alle loro famiglie, al futuro di quei figli che erano già nati o che dovevano ancora nascere, e che essi volevano crescessero in una nazione sovrana, libera e democratica, …questi figli siamo noi.
Il pensiero dei familiari in ansia, del pericolo di ritorsioni nei loro confronti, l'impossibilità di fornire il proprio contributo al loro sostentamento ma anzi il dover richiedere sacrifici per procurare viveri e vestiario, è un motivo ricorrente nei diari e nelle memorie dei Partigiani.

Poi tutto, o quasi tutto, finalmente, è finito, il 25 aprile del 1945, giorno della Liberazione, giorno di grande festa.

Cosa ci resta oggi di quel giorno? Di quella gioia, di quei progetti, di quei sogni che noi, nati dopo, abbiamo ereditato senza pagarne il conto? Ci resta molto, moltissimo, quella libertà di decidere delle nostre azioni, del dove vivere, del come vivere, di quali compagni di strada scegliere, ma anche di dormire tranquilli nei nostri letti, senza paura che qualcuno sfondi la porta per prenderci e portarci via per aver espresso un'opinione. Libertà che ci sembrano normali, scontate, apprezzate e valorizzate da tutti, e invece no, dobbiamo stupirci e indignarci perchè non tutti ne hanno colto il senso, e ancora oggi, e possono farlo proprio grazie alla Liberazione di allora, subiamo l'umiliazione della vista di certi nostalgici, la loro ignoranza, la loro protervia, la sguaiata e volgare ostentazione di simboli e atteggiamenti che evocano solo dolore e morte che ci hanno toccati da vicino.
Si sentono vincitori, i vinti della storia, ci mostrano i loro ridicoli orpelli, o vigliaccamente agiscono nell'ombra, se la prendono con le pietre che testimoniano l'infamia del loro modello di riferimento, credono così di cancellarla, ma noi siamo qui, sereni e forti come roccia di vulcano, i loro crimini scolpiti nel nostro DNA ma anche in quello del popolo tutto, nato dalle lotte estreme dei Partigiani con al fianco la gente, dai dannati delle Deportazioni, dagli internati militari e dai loro settecentomila NO!

La guerra cosa da uomini? In gran parte sì, da sempre è cosa da uomini, ma ho parlato di popolo, e popolo sono uomini e donne, e uomini e donne Partigiani i quali, combattendo sul territorio dittatura e occupazione, hanno posto loro fine, allora feriti e laceri ma vittoriosi.

Le donne, che il fascismo voleva sottomesse fattrici e inconsapevoli ancelle del maschio dal mascellone proteso e dagli stivaloni lucidati da esse, si sono liberate del giogo, e hanno detto BASTA, orgogliosamente presenti e protagoniste, sui monti, nelle fabbriche, nelle città, nei comitati clandestini, ma anche nelle case, a sostenere, incoraggiare, nutrire, curare, combattere quella meravigliosa rivolta di popolo che è stata la Resistenza.

Ogni territorio, come il vostro il mio, l'astigiano, onora i suoi Partigiani e le sue Partigiane, io vi leggo una breve testimonianza fino a qualche mese fa celata in un cassetto, ora pubblicata sulla nuova edizione del memoriale di mio padre, che riguarda mia mamma, Margherita Benzi, che nel 1943 aveva 18 anni, … mio padre 21 ed era tornato da poco dalla Russia:
«Arriviamo al periodo dei partigiani e certamente il mio fidanzato con i miei fratelli facevano parte dei partigiani della stella Rossa.
La mia prima esperienza fu quando il mio ragazzo con incoscienza mi mandò ad Asti a ritirare una pistola, ed io ci andai nonostante ad Asti ci fossero allora i posti di blocco dei repubblichini e più avanti quello dei partigiani. Allora mi venne la fortuna a portata di mano: incontrai ad Asti uno dei ragazzi conosciuti a Torino lo salutai con euforia. Lui era vestito in divisa da repubblichini.
Lo pregai di accompagnarmi per un tratto fino fuori al blocco. Io avevo la pistola in seno e spingevo la bicicletta per quel tratto che feci con lui a piedi.
Salutandolo salii tranquillamente in sella, era andata bene.»

Ecco, allora, che il diritto di partecipare alla stesura della mamma di tutte le leggi, e mamma anche nostra, la Costituzione, le donne se lo sono guadagnato sul campo, con i loro ideali, l'azione, il sangue e la lotta, esattamente come i maschi.
Ho detto costituzione, lo ripeto, sempre sottovoce, con rispetto, sana e robusta costituzione, quella che ci ha guidati il 4 dicembre scorso, quella di cui vorrei tutti ci impegnassimo, qui, oggi, a favorire la piena applicazione che non è mai avvenuta e che è quantomai necessaria.
Ogni persona che ha contribuito alla sua stesura è riuscita a mettere da parte ferite e rivendicazioni personali, per pensare al bene comune in un'ottica di futuro così ampia da umiliare, oggi, molti nostri miopi legislatori, … e certo la sensibilità e il punto di vista femminile sono stati preziosissimo contributo.

Nel recente passato abbiamo sentito straparlare di costituzione percepita, di costituzione reale, di costituzione vecchia, vogliamo, ripeto, sull'onda del 4 dicembre, esigere che la Costituzione nata dalla guerra di Liberazione venga applicata, in tutti i suoi aspetti: primo, in questi giorni di delirio e di incertezza, riconfermiamo forte e chiaro il RIPUDIO DELLA GUERRA, ma vogliamo anche che sia tutelata la salute di tutte le persone presenti nel nostro paese, la laicità dello stato e della scuola pubblica, il lavoro, inteso come strumento di dignità e non di sfruttamento, e noi, oggi, dobbiamo fare un ulteriore passo, chiedendo che nel nostro paese siano tutelati i diritti umani intrinseci ad ogni individuo, quelli che fanno parte della sua integrità: il diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza.
I diritti umani hanno queste caratteristiche:
sono universali, cioè validi in tutto il mondo
sono innati: appartengono a ognuno dal momento della nascita
sono inalienabili: non è possibile rinunciarvi
sono inviolabili: esistono indipendentemente dai governi, e nessun governo può limitarli
sono naturali: si applicano indipendentemente dal fatto che il governo li confermi o meno sono indivisibili: devono essere applicati tutti, senza esclusioni

Curiosi eredi siamo di quel popolo coraggioso e fiero di resistenti, curiosi eredi spesso pavidi e sottomessi a stereotipi che ripetuti e strombazzati a lungo sui media paiono veri, forse intorno troppi, ancora, gli eredi del popolo plaudente e sottomesso sotto quel balcone?

Torniamo a ribellarci popolo resitente, torniamo ad alzare il capo, noi siamo la nervatura della società civile, quella che deve trasportare linfa, ossigeno idee e se necessario azioni.

Seguendo il pensiero di Primo Levi facciamo guerra ai privilegi e a chi se li concede, alle spalle degli onesti, dei generosi, anche degli ingenui.
Lavoriamo affinchè l'Europa che ci ha garantito 72 anni di pace non ricada nel baratro dei conflitti tra nazioni, guardiamo alle tragiche vicende dei popoli vittime di disegni geopolitici, non so quanto gestibili o ingestiti, con spirito di accoglienza, di sostegno, evitando facili prese di posizione se non si è davvero ottimamente informati sulle reali vicende e sulle loro implicazioni.
Applichiamo il nostro fermo antifascismo alla vita quotidiana, professiamolo come una fede laica e credo che molto del nostro dovere sia assolto.

La trasmissione della memoria non è un guardare al passato, è il mantenere efficiente il sistema immunitario della Nazione, coloro che ne fanno parte come testimoni o come famigliari, con la loro sensibilità allertata dalle sofferenze personali, sono gli anticorpi che prima di altri individuano e segnalano i comportamenti dannosi al “bene comune” conquistato a caro prezzo ed oggi così poco tenuto in considerazione.

Noi non parliamo di odio, l’odio non ci tocca, ma non possiamo neppure parlare di perdono, perché il nome di chi poteva perdonare è là, inciso su quelle lapidi, noi parliamo di giustizia e di dignità di tutti gli uomini, a cominciare dai più sfortunati, perché le umiliazioni che vengono loro inflitte umiliano anche noi.
Certo non ci spaventano le manifestazioni pateticamente nostalgiche verso i regimi sconfitti dalla storia, ma non accetteremo mai che vittime e carnefici siano messi sullo stesso piano.

E allora riprendiamo il cammino, sfoderiamo nuove energie, coinvolgiamo davvero i giovani facendo loro da guida, sfruttiamo il poco tempo che ci riserva la nostra sostanziale marginalità, per parlare loro ancora e ancora degli ideali grandi, la Libertà, la Giustizia, l'Eguaglianza, la Dignità, soprattutto responsabilizzandoli uno ad uno, guardandoli negli occhi come si guarda al futuro, con fiducia.
Sottraiamoli alla fascinazione di liturgie violente, ricordando che per coinvolgerli bisogna convincerli, non sedurli, e il lavoro è duro, per primi noi dobbiamo studiare e imparare, perchè raccontare vicende umane, con le loro luci e le loro ombre, non per confondere ma per capire, è il punto imprescindibile di partenza.
Rivendichiamo con orgoglio il valore delle nostre storie e del nostro impegno, per evitare che il nostro impegno venga considerato come un nostro dovere, amara eredità del prezzo già pagato in passato dai nostri padri, e non una nostra, a volte gravosa, personale scelta di concreto volontariato, un servizio civile svolto a favore di tutti, prima di tutto degli apparati istituzionali che spesso ai nostri interventi prestano meno attenzione di quella data alla sagra dell'agnolotto.
I giovani bevono i nostri racconti come acqua pura di fonte, siamo generosi, cerchiamoli e prendiamoli per mano, senza intimidirli o peggio intimorirli, prima di tutto con un sorriso.

ora fuori bandiere, sorrisi e abbracci, siamo i giganti della nazione, è: festa per tutti.


«Non maledire questo nostro tempo
non invidiare chi nascerà domani
chi potrà vivere in un mondo felice
senza sporcarsi l'anima e le mani.
Noi siam vissuti come abbiam potuto
negli anni oscuri senza libertà,
siamo passati tra le forche ed i cannoni,
chiudendo gli occhi e il cuore alla pietà.
Ma anche dopo il più duro degli inverni
ritorna sempre la dolce primavera,
la nuova vita che comincia stamattina
in queste mani sporche ha una bandiera.
Non siamo più né carne da cannone
né voci vuote che dicono di si;
a chi è caduto per la strada noi giuriamo:
pei loro figli non sarà più così.
Vogliamo un mondo fatto per la gente,
di cui ciascuno possa dire "è mio"! dove sia bello lavorare e far l'amore,
dove morire sia volontà di Dio.
Vogliamo un mondo senza patrie in armi,
senza confini tracciati coi coltelli:
l'uomo ha due patrie: una è la sua casa
e l’altra è il mondo e tutti siam fratelli.
Vogliamo un mondo senza ingiusti sprechi
quando c'è ancora chi di fame muore:
vogliamo un mondo in cui chi ruba va in galera,
anche se ruba in nome del Signore.
Vogliamo un mondo senza più crociate
contro chi vive come più gli piace;
vogliamo un mondo in cui chi uccide è un assassino
anche se uccide in nome della pace».


(poesia di Luigi Lunari, poeta milanese, partigiano tra Como e Sondrio, giornalista. Il testo è stato recitato dall'attore Renzo Arato durante la manifestazione in ricordo della fine della guerra di Liberazione, il 25 aprile 2007 a Cortandone. Riproponiamo questi versi perché ci sembra il miglior modo sintetizzare quanto non dovremmo mai dimenticare)