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   70 anni fa Mussolini annunciava
   la dichiarazione di guerra


10 GIUGNO 1940 - 10 GIUGNO 2010

Settant’anni fa il regime fascista trascinava l’Italia
nel secondo conflitto mondiale

«Dal 3 ottobre 1935 (aggressione all’Etiopia) al 2 maggio 1945, fine dei combattimenti nel nostro paese, l’Italia
fu in guerra senza interruzioni:
in Etiopia nel 1935/1941
in Spagna nel 1936/1939
nel Mediterraneo, Balcani, Africa settentrionale nel 1940/1943
in Russia nel 1941/1943»
.

 



«La serie di Stati cui il governo italiano dichiarò guerra (o che
invase senza una dichiarazione formale) dal 1935 al 1941 è
impressionante: Etiopia, Spagna, Albania, Gran Bretagna, Francia,
Grecia, Jugoslavia, Unione Sovietica, Stati Uniti. La guerra alla
Gran Bretagna inoltre coinvolgeva i suoi Dominions, Canada,
Sudafrica, India, Australia, Nuova Zelanda le cui truppe presero
parte alle campagne in Africa e in Italia»
.

(da "Le guerre italiane 1935-1943" di Giorgio Rochat, Einaudi 2005)

 

La guerra è parte integrante dell’ideologia e della pratica politica del
fascismo. Non è stato un incidente di percorso o, nel caso
dell’ingresso nel conflitto mondiale a fianco della Germania di Hitler,
una concessione all’alleato nazista.

 

LE VITTIME

Dal 10 giugno 1940 all’8 settembre 1943 (l’armistizio che segna il ritiro
dell’Italia dalla guerra e l’inizio della Lotta di Liberazione) il conflitto
provoca il seguente numero di vittime:
LA RIPARTIZIONE PER ANNO:

  1940 1941 1942 1943
MILITARI E

MILITARIZZATI

12.746 40.844 62.936 84.304
CIVILI 441 1.004 2.849 21.400

L’unica statistica effettuata è l’Inchiesta 1957, che tentò di ricostruire il
totale delle vittime (con margini di errore), citata nell’Appendice del libro
di G. Rochat.
Da notare l’aumento delle vittime civili nel ’43 a seguito dei pesanti
bombardamenti alleati che provocano notevoli distruzioni nei grandi
centri urbani.

 

UNA TESTIMONIANZA

Così racconta l’aggressione alla Francia, che si svolge dal 10 al
24 giugno 1940, Nuto Revelli nel suo libro “Le due guerre. Guerra
fascista e guerra partigiana” ed. Einaudi 2003.

“Alla guerra si arriva con la testa piena di confusione: si confonde
il fascismo con il patriottismo.

La guerra è il primo impatto con la realtà, la prima verifica, il
primo momento in cui la retorica non conta più. Gli slogan e le
frasi fatte perdono di valore. E ci sono solo i fatti, la vita,
la realtà (…).

La guerra comincia nella confusione , con ordini e contrordini (…)
Il giorno 24, alle 22 e 10, il nostro Stato maggiore comunica che è
stato firmato l’armistizio.

Il bilancio di questi pochi giorni di una guerra combattuta in casa
nostra è di 39 ufficiali e 592 uomini di truppa caduti; dispersi
23 ufficiali e 593 uomini di truppa; congelati (a giugno, sulle
nostre montagne) 26 ufficiali e 2.125 soldati; feriti 138 ufficiali
e 2.493 soldati.

Sono dati numerici che invitano a riflettere. (…)

Riflettiamo anche sui congelati. 2.125: tanti in una campagna di
guerra durata pochi giorni e combattuta in casa nostra.
Indossavano pezze da piedi: fazzoletti di tela al posto delle calze,
che fasciavano il piede nella scarpa di cuoio scadente. Nella neve
era come essere scalzi. Tutto l’equipaggiamento era inadatto
all’ambiente di montagna: le divise erano di finta lana, le stesse
che porteremo, come quelle scarpe di cartone, sul Fronte
greco-albanese e in Russia. Il numero dei congelati avrebbe
dovuto far riflettere i nostri comandi. Ma non c’è stato niente da
fare: i soldati furono mandati sulle montagne dell’Albania e della
Grecia, e nelle steppe russe, quasi a piedi nudi…”

 

Per Nuto Revelli e migliaia di altri giovani, l’esperienza drammatica
e sconvolgente della guerra fascista ed il ritorno dal fronte, sarà una
delle motivazioni per arrivare, dopo l’8 settembre 1943, alla scelta della
Resistenza. Per sconfiggere il fascismo, combattere l’occupazione
nazista
, restituire libertà e dignità al paese, conquistare la Pace.