"(…) Cefalonia è un’isola medio-piccola, tutta montuosa, dinanzi al golfo di Patrasso. Nel settembre 1943 era presidiata da circa 11.500 uomini della divisione Acqui, rinforzata con artiglierie costiere e contraeree e piccoli contingenti di marina e guardia di finanza. Inoltre circa 2.000 tedeschi.
La relativa lontananza dalla costa e la debolezza delle forze tedesche sull’isola permisero al generale Antonio Gandin, comandante della divisione, di prendere tempo, malgrado le pressanti richieste tedesche di resa e l’atteggiamento offensivo dei suoi uomini, fino a l14 settembre, quando ebbe dagli alti comandi di Brindisi chiari ordini di resistenza.
Comunicò quindi che “per ordine del Comando supremo italiano e per volontà degli ufficiali e dei soldati, la divisione Acqui non cede le armi”. Il 15 iniziarono i combattimenti, prima con attacchi italiani stroncati dagli Stukas, poi il 21 – 22 con una offensiva tedesca che portò al crollo della resistenza italiana. Fin qui siamo nell’ambito di “normali” azioni di guerra, poi scattò la rappresaglia
criminale secondo gli ordini di Hitler, i soldati italiani vennero trucidati a migliaia dopo la resa. Il 24 furono fucilati circa 200 ufficiali. Il totale dei caduti italiani ammonta a circa 6.500 sugli 11.500 presenti a Cefalonia,
compresi quasi tutti i 525 ufficiali. (…)".
brani tratti da "Le guerre italiane: 1935-1943" di Giorgio Rochat (Einaudi 2005)
Sulla vicenda di Cefalonia, a cura di Graziella Bettini ed Enzo e Marcella De Negri, l’Associazione Nazionale Divisione "Acqui" ha pubblicato il libro (consultabile in questo sito in formato pdf - 3.553 kb) dal titolo:
I soldati italiani disarmati dalle truppe tedesche furono posti davanti ad una difficile, drammatica scelta. Aderire all’esercito nazista (e continuare con esso la guerra) o essere deportati nei campi di concentramento. La maggior parte di essi, circa 650 mila (30 mila ufficiali e 200 generali), rifiutarono di continuare a combattere per i nazifascisti, scegliendo di non vestire le divise della Repubblica di Salò. Furono, per questo, deportati nei lager, ma non come prigionieri di guerra ma, per sfruttarli più liberamente (sottraendoli alla Convenzione di Ginevra), fu coniato per loro lo status di IMI - Internati Militari Italiani.
Dal volume di Giorgio Rochat "Le guerre italiane 1935-1943" vi proponiamo il capitolo (in formato pdf - 55kb) dal titolo:
“Vedi quelle sentinelle dietro i reticolati?
Sono loro i prigionieri di Hitler, non noi. Noi a Hitler e Mussolini diciamo no, anche quando ci vogliono prendere per fame.” (sergente Cecco Baroni, internato in Germania - da "Soldati italiani dopo l’8 settembre 1943" ed. FIAP 1998 - citazione di Mario Rigoni Stern) |
Per approfondire questa vicenda, per molti versi poco conosciuta, della seconda guerra mondiale, di seguito sono presenti alcune pagine tratte dai testi "Storia della Resistenza italiana" di Roberto Battaglia (Einaudi 1964) e "L’altra Resistenza" di Alessandro Natta.
Note di Roberto Battaglia sugli IMI (in formato pdf 100Kb)
Il ruolo degli IMI (in formato pdf 131Kb)
La scelta (in formato pdf 237Kb)
Sugli 80 anni da quella vicenza vi proponiamo un'intervista (di Giancarlo Bertelegni) al prof. Pierangelo Lombardi, ricercatore, docente di storia contemporanea all'Università di Pavia
L'armistizio nel pavese (in formato pdf 82Kb)
La storia del fante Antonio e del suo NO al nazifascismo.
Racconto di Antonio Corbeletti (Presidente Anpi Voghera) pubblicato sul numero 126 di "Patria Indipendente"
La storia del fante Antonio e del suo NO al nazifascismo.
Il fante Antonio e quei 4.169 No al nazifascismo dispersi in mare
Materiale Resistente Anno 2003 511Kb