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   Matilde Bassani Finzi

Senza falsa retorica si può certamente definire
Matilde Bassani Finzi un’eroina d’altri tempi, ma con
un "percorso di vita" sempre proteso verso il
"domani", verso il futuro.
Socialista, illustre figura nella storia
dell’antifascismo, senza dubbio una protagonista di
spicco della Guerra di Liberazione.
Partigiana combattente, fu una delle rare donne
ad avere ruoli di rilievo nella Resistenza.
Si mosse a difesa degli ebrei dopo la promulgazione
delle "leggi razziali" fasciste.
Donna tenace, dolce ma anche intransigente, si
impegnò con passione nel movimento femminista
italiano
, dedicandosi inoltre ai problemi dell’ infanzia,
della psicanalisi e della sessuologia.

Nata a Ferrara l’8 dicembre 1918, Matilde crebbe in una famiglia di origine ebraica
profondamente antifascista
, tant’è che essa amava scherzosamente dire di essere
stata allevata a «latte ed antifascismo». Il padre, professore di tedesco all’"Istituto Tecnico" di
Ferrara, venne licenziato, nei primi anni ’20, proprio perchè antifascista e fu costretto a lunghe
peregrinazioni per trovare lavoro (puntualmente perso a causa delle sue opinioni politiche). La
famiglia si trasferì prima a Ceva poi, nel 1924, ad Asti, per tornare a Ferrara nel 1929.
Ricordiamo inoltre che suo zio, Ludovico Limentani fu uno dei pochissimi firmatari del
"Manifesto degli intellettuali antifascisti" promosso da Benedetto Croce.
Grande influenza politica, ma anche affetto ed amicizia, furono i sentimenti che legarono
Matilde al cugino Eugenio Curiel, antifascista e combattente nella Resistenza, comunista e
direttore de "L’Unità" clandestina, assassinato dai fascisti nel 1945.

Fin dalle superiori si rese attiva nel campo politico e sociale con la sua militanza nelle fila
socialiste prima ed in seguito nel gruppo antifascista di Ferrara capeggiato da Alda Costa.
Ancora giovanissima fornisce aiuti agli arrestati attraverso il "Soccorso Rosso" clandestino, diffonde la stampa clandestina e volantini di protesta nelle fabbriche e nei quartieri.
Dopo l’emanazione delle "leggi razziali" ( 1938), si dedicò all’insegnamento, insieme ad altri ebrei
come Giorgio Bassani e Vito Morpurgo, ai bambini ed ai ragazzi della comunità ebraica ferrarese
che, per le leggi razziste, non potevano frequentare le scuole. Nella città estense Matilde
organizzò un Asilo Infantile, una Scuola Elementare e per i ragazzi delle medie
una preparazione per far loro sostenere gli esami di fine anno presso le scuole pubbliche.
Matilde Bassani dopo la guerra, dipingeva quel periodo come fondamentale, perché riteneva
che l’insegnamento era di suprema importanza nell’educare quei giovani, permeati dalla cultura
fascista dominante
. Fondamentale era riuscire a ripristinare nei ragazzi, cacciati dalle scuole
pubbliche
, la loro autostima e la fiducia in se stessi. Queste attività non erano gradite al regime,
che sospettava inoltre il loro uso come copertura per iniziative antigovernative.
I fascisti attuarono così una repressione dura e rozza. Spedirono gli insegnanti, tra cui
Matilde a lavorare al reparto estero del "Consorzio Agrario Provinciale", a preparare
cassette di patate per la Norvegia e Svezia.

Si laureò a Padova, in lettere nel 1940. Era il periodo in cui teneva i contatti tra i gruppi antifascisti padovani ( diretti da Concetto Marchesi e Norberto Bobbio) e quelli ferraresi.
Concetto Marchesi, suo professore scrisse di lei:

«il suo nome suonava allora come quello di una intrepida compagna che dava agli anziani
l’esempio della fermezza, dell’intelligenza e dell’onore»
.

Finì nelle carceri fasciste l’11 giugno del ’43 con altri compagni con l’accusa di azione sovversiva.
Subì estenuanti interrogatori ed abusi, ma reagì effettuando lo sciopero della fame e quello
dell’ora d’aria. Rimase in carcere fino alla caduta di Mussolini (25 luglio 1943). Scarcerata scelse la
clandestinità, decisione presa dopo aver evitare l’arresto.
A novembre si trova a Roma, sotto il falso nome della cugina Giuliana Sala (emigrata in America) assieme al futuro marito, Ulisse Finzi ( che sposerà il 4 aprile 1945).
Entrò in contatto coi gruppi del PSIUP (Partito Socialista di Unità Proletaria) e con quelli vicini
a "Bandiera Rossa" (formazione a sinistra del PCI).
Con il marito e i fratelli Andreoni fu tra i promotori del "Comando Superiore Partigiano".
Il "Comando" organizzò la formazione delle bande partigiane con cui mise in atto azioni belliche
e sabotaggi, diffuse la stampa clandestina ed ebbe il compito di mantenere i contatti con
l’Italia centro-settentrionale.
I compiti di Matilde, in questo contesto furono molteplici. Si infiltrò tra i fascisti carpendo loro
informazioni segrete che poi "girava" ai partigiani, scrisse e diffuse fogli, volantini e propaganda
antifascista ( collaborò al giornale clandestino "Il Partigiano", fondato da Carlo Andreoni),
compilò e distribuì documenti falsi.
Ma si rese protagonista anche di vere e proprie beffe nei confronti dei tedeschi, come quando
riuscì a sottrarre medicine ed altro materiale ai nazisti, spacciandosi per attivista
della Croce Rossa.
Portò in salvo ebrei, prigionieri alleati, polacchi, inglesi ed altri, e poi fece molto di più:

«Quantunque israelita, trattai con le SS tedesche per cercare di far scarcerare il
Capitano Aladino Govoni, assassinato poi alle Fosse Ardeatine»
.

Il 23 maggio del 1944, Matilde, mentre si recava in Vaticano per cercare ospitalità per due
rifugiati polacchi, fu fermata dalle SS e dalla polizia fascista: riuscì a fuggire nonostante
fosse colpita da una pallottola ad un ginocchio.
Quest’episodio ed altre parti della sua esperienza furono raccontate durante la guerra
persino da Radio Londra in una trasmissione intitolata: "Un’insegnante combattente".

L’attività della Bassani continua nella Roma liberata (4 giugno 1944): collabora con l’"OSS",
il servizio segreto americano. Svolge operazioni di collegamento con gli Alleati, collabora
con il "PWB" ( Psicological Warfare Branch, l’ufficio per la guerra psicologica) realizzando giornali e trasmissioni radiofoniche di propaganda antifascista (organizzate dal progetto
"Italia Combatte"). Di rilievo anche la sua opera di sostegno ed assistenza ai partigiani (erano
numerose le richieste di lavoro, di cibo, vestiti, denaro, cure mediche).
Inoltre partecipò ad un’operazione particolarmente pericolosa: nell’agosto del ’44, con alcuni
compagni, partirà da Roma trasportando dei rifornimenti di armi per i partigiani fiorentini della
"Brigata Bruno Buozzi". Una missione determinante per la "liberazione" di Firenze.
Di quell’esperienza Matilde scriverà:

«Firenze non ha accolto con la stessa gioia festosa ed esuberante di Roma i soldati della
libertà. Perché ha avuto per otto giorni gli SS tedeschi e italiani che l’hanno saccheggiata,
rovinata, distrutta e non è possibile essere festanti, anche se la libertà che avanza è ricca
di promesse»
.

Finita la guerra, Matilde Bassani si trasferirà con il marito a Milano.
Oltre ad allevare i suoi figli, continuò a lavorare per gli ideali in cui ha creduto: la libertà,
la democrazia e l’uguaglianza per le donne. Si dedicò al sociale occupandosi dei rapporti
genitori-figli e di problemi di sessuologia (specializzandosi negli USA ed in Canada in nuove
terapie sessuali). Ha avuto un ruolo rilevante nell’UDI (Unione Donne Italiane), combattendo le
battaglie per il divorzio e l’aborto.
Ed ancora si ricorda il suo impegno per il Tribunale dei minori presso la Corte d’Appello: della
sua partecipazione all’"Unione Femminile Nazionale": della sua vita spesa in favore
della riforma del Diritto di Famiglia.
Per finire con i suoi studi e delle nuove teorie pedagogiche sulla prima infanzia.
Promosse la creazione dei servizi sociali distrettuali, ed operò nel "Villaggio della Madre e del
Fanciullo"
. Riprese gli studi diventando psicologa e membro della "Società italiana di sessuologia
clinica"
. Per decenni collaborò con il "Cemp" (il Centro educazione matrimoniale e
prematrimoniale
). Sostenne organizzazioni come l’"Abn" (l’Associazione per il bambino
nefropatico
). Finanziò la ristrutturazione del reparto di Nefrologia e dialisi della clinica pediatrica
"De Marchi" di Milano ( in memoria del marito Ulisse).
Il 1º marzo 2009 muore a Milano e viene sepolta nel cimitero ebraico di Mantova.

Vai al sito matildebassanifinzi.it C’è un sito, matildebassanifinzi.it
preziosissimo per le informazioni che regala,
curato dalla figlia Valeria in cui sono raccolti
documenti storici, riordinati e selezionati dalla
stessa Matilde Bassani che li raccolse
a Roma durante la Seconda Guerra Mondiale.
È insieme un atto d’amore ed un omaggio alla
madre ed una preziosa testimonianza sul
contributo della comunità ebraica italiana
alla lotta contro il nazifascismo.
Gli originali sono stati donati allo
"Yad Vashem", il museo della Shoah
a Gerusalemme.

In conclusione vogliamo segnalare due episodi che ben tratteggiano la figura di questa
"partigiana socialista" di grande intelligenza, cultura, sensibilità, la cui vita è stata
contrassegnata da un’inesauribile passione civile e dalla scelta costante dell’impegno
a favore degli altri.
Quando fu costretta a rivendicare il proprio ruolo di donna nella Resistenza, accorgendosi con
stupore ed irritazione che la "Commissione per il riconoscimento di Partigiano Combattente" presso
l’ANPI a Roma non le aveva assegnato quella qualifica.
Nella lettera di ricorso Matilde Bassani esige «come è di mio diritto» essere riconosciuta
quale partigiana. E conclude la missiva così:

«Dopo quanto sopra esposto sono ben certa che mi verrà quanto prima riconosciuto il
titolo di partigiana combattente e mi verrà forse anche domandato scusa
della dimenticanza»
.

Il secondo episodio è una sua breve annotazione, scritta prima di partire per una missione
particolarmente pericolosa, in cui si legge:

«Io credo che l’apatia è estranea alla mia natura. Vivere in apatia è l’unico inferno
che io credo esista»
.

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