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GALLERIA
FOTOGRAFICA


       




   Eva Colombo "Susi"

6 maggio 1945 - Eva Colombo sfila per le vie di Milano La fotografia che vedete qui a fianco è stata
scattata il 6 maggio 1945, durante la sfilata
delle varie formazioni partigiane a Milano.
Tra le tre figure che precedono il gruppo
dell’Oltrepo pavese, si nota una ragazza
sorridente che porta la bandiera tricolore,
indossando un giubbotto americano (di quelli
inseriti nel materiale paracadutato dagli
alleati
nell’ultimo periodo ai resistenti).
La ragazza è Eva Colombo "Susi", staffetta
partigiana nella nostra zona, scomparsa nel 2004 ed alla quale il 25 giugno 2011 è stata
intitolata la nuova sezione ANPI di Agrate Brianza.

Di seguito alcune immagini dell’iniziativa (che gentilmente ci sono state inviate dall’ANPI di
Agrate Brianza) che ha visto la presenza di Roberta Migliavacca (ANPI Voghera - portavoce
del coordinamento ANPI Oltrepo pavese), del marito di "Susi" e di Egeo Mantovani,
Presidente onorario dell’ANPI di Monza e Brianza (oltre che essere Membro del Comitato
d’Onore Nazionale
). Nella ricorrenza dei suoi 90 anni (compiuti il 12 luglio 2011) Antonio
Pizzinato
(Presidente Onorario ANPI Regionale Lombardia) gli ha scritto una lettera
ripresa dal sito dell’Anpi Lombardia.

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Eva era figlia di Emilio Colombo (pseudonimo Oreste Filopanti) , figura rilevante nella storia del
movimento operaio e tra i protagonisti della Repubblica partigiana dell’Ossola.
Riproduciamo, per delinearne la figura, alcuni passi del racconto/intervista di "Susi" contenuto
nel volume "FILOPANTI". Anarchico, ferroviere, comunista, partigiano a cura di Cesare
Bermani
edizioni Odradek 2010.

 

«Mia nonna aveva le idee più borghesi che ci possano essere. Era il tipo di donna che
diceva:
"El mè marì m’à ruinà. Al m’à mangià tüta la mia schirpa".
La schirpa, nel vecchio milanese era la dote. Era una donna piuttosto egoista, allevata in
un modo per cui tutto il mondo doveva girare attorno a lei. Era di quelle donne che sono
sempre malate ma è morta a 94 anni. Non era una madre e neppure una nonna molto
amorosa. Dopo l’8 settembre ’43 ricordo che diceva:
"Cusa gh’è? Gh’è ancamò i tedèsch?".
Per quello non era austriacante.

Penso che mio padre abbia attinto da suo padre le sue idee, non certamente dalla famiglia
cui apparteneva, dalla madre o dalla sorella, le quali non facevano altro che
rimproverarlo, che dargli della "testa matta". Ancora negli ultimi anni della sua vita mia
zia, che era sorella maggiore di mio padre, mi diceva:
"Eh, se ’l to papà è inscì, l’è perché à la
testa mata, l’à mai savü tegn un post, la politica l’à ruinà".

A Viadana lui aveva fatto in modo che le donne non andassero più in chiesa. Perché lì il
prete era quello che faceva l’incetta dei bozzoli. Lì coltivavano il baco da seta e mio padre
aveva scoperto che il prete rubava sul peso.
Aveva la bilancia truccata, in modo da imbrogliare queste povere donne. Lui l’aveva
denunciato apertamente e le aveva convinte. E i fedeli non andavano più in chiesa perché
il prete era un ladro. Mio padre veniva trasferito sempre da un paese all’altro perché oltre
a fare il sindacalista dei ferrovieri faceva anche l’agitatore in mezzo ai contadini.

Avevo circa cinque anni quando mio padre fu mandato via dalle ferrovie.
Era capostazione a Cuzzago, ruppe la testa a un crumiro e per questo fu radiato dalle
ferrovie. Andò a fare l’amministratore in una cooperativa. Allora c’erano già i fascisti che
giravano e passavano sotto le nostre finestre cantando:
"Olio petrolio benzina in quantità / la
casa del Colombo brucerà". E ricordo che con un’altra bambinetta, figlia di
qualche dipendente della cooperativa, andavamo sui sacchi e dicevamo:
"e noi butteremo
giù tutti questi sacchi". Poi cantavamo anche sull’aria di Giovinezza: "Siam fascisti
puzzolenti / pien di merda fin ai denti / siam venuti dall’inferno / per proteggere il governo".
Eravamo bambine ma forse già consapevoli in qualche modo di quel che succedeva.
Quella cooperativa venne bruciata e mio padre è passato in un’altra cooperativa a
Villadossola. In quel periodo siamo passati da un paese all’altro dell’Ossola in brevi spazi
di tempo.

Mio padre era molto amato dai compagni dell’Ossola. Perché, io bambina, mi ricordo che
una volta una donna mi si avvicinò e mi disse:
"Tu sei la figlia del Colombin?" Lo chiamavano
così perché non era tanto alto di statura.
"Eh, tuo padre sì che è un grand’uomo". Lui sapeva
parlare alla gente, infondere in loro quella forza che aveva, sapeva trasmetterla ecco.
Ricordo che per poterci mantenere andò in un primo tempo alle ferrovie svizzere di
Domodossola a scaricare il carbone. Spalava giù il carbone perché lì a Domodossola
arrivavano i treni svizzeri.
Poi mio padre dovette allontanarsi dall’Ossola perché cercato dai fascisti noi rimanemmo
a Croppo, una frazione di Trontano che era però più vicina a Domodossola che non a
Trontano.

Mio padre andò a lavorare nel Biellese, a Cossato, come filatore di lana.
Avevo otto anni e ricordo che, quando arrivava, per noi bambini, per me specialmente,
perché gli ero molto attaccata, per me era qualche cosa di immenso fin da bambina.
Perché ci faceva giocare, partecipava alla nostra vita. Mentre io non ho provato nessun
dispiacere per l’abbandono di mia madre, mio padre era qualche cosa di grande per me e
credo anche per i miei fratelli, almeno spero. Poi riuscì a trovare un impiego lì a
Domodossola e noi venimmo grandi lì, finimmo le scuole lì.
Mia madre era una grande ricamatrice e aveva una grande qualità: sapeva arrangiarsi
dal punto di vista pratico per cercare di far soldi in tutti i modi.

Dava lezioni di ricamo, per esempio. Ha insegnato a tutte le ragazze del paese ma non a
me, forse perché ero ancora piccola.
Il tipo che si mise con mia madre credo fosse un comunista. Mia madre, poveretta, adesso
non voglio giudicarla per quello che ha fatto. Come donna la posso anche capire. Mio padre
era sempre via, quest’uomo era vicino e l’ha anche aiutata a sopportare il peso dell’essere
sola. Si vede che qualcuno informò mio padre di questa cosa. Questo l’ho capito da sola
dopo, ripensando agli avvenimenti, non che mio padre mai me ne avesse parlato. Mio
padre arrivò di notte e il mattino dopo mia madre se ne andò. E da allora mio padre non
ha più avuto nessuno»
.

 

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