Quell’agosto del ’46 La Resistenza tradita?
di Antonio Corbeletti
L’appuntamento è per la mezzanotte. Nonostante l’ora tarda, l’afa si fa sentire. Carlo cammina lentamente verso
il luogo dell’incontro. Si è preparato
in fretta, ripensando alle tante cose dette negli incontri dei giorni precedenti. Certo fa uno strano effetto indossare di nuovo
il giubbotto da militare americano. Quando arrivarono, distribuiti con i lanci alleati dei primi giorni dell’aprile ’45. fu un sollievo sostituire
i panni logori e sporchi con i quali avevano dovuto affrontare il durissimo inverno ’44.
È passate poco più di un anno da quando, con addosso quel giacchino, è entrato a Milano, con le colonne partigiane dell’Oltrepo. Un mare di gente festosa e urlante, la famiglia di quell’ingegnere
che li accolse in casa e li fece
dormire, dopo tanto tempo, tra lenzuola candide di bucato, e poi la caccia agli ultimi cecchini, l’ira popolare di piazzale Loreto, le scuole di viale Romagna come sede …
Ma dopo sedici mesi quei momenti esaltanti sembrano lontanissimi.
Il ritorno alla normalità: per tantissimi combattenti ha voluto dire disoccupazione, miseria, grande incertezza sulle prospettive.
Carlo ricorda bene i
"buoni" rilasciati dai comandi
del
CLN a
Casteggio e
Voghera per la
fornitura di scarpe. una camicia, alcune migliaia di lire… Non erano un premio, certo, ma per molti erano le uniche cose che si portavano a casa dopo lo scioglimento delle formazioni
e la stretta di mano dei comandanti.
La festa d’aprile ha lasciato il posto ad un grigiore quotidiano.
La ricostruzione si sta avviando con una crisi economica spaventosa. A
Pavia nel periodo luglio-ottobre ’45
il pane aumenta del 260% “da 5 a 18 lire al chilo”, il latte
raddoppia da giugno a luglio per non parlare
di pasta, farina, fagioli che salgono vertiginosamente di prezzo da novembre in poi, mentre i salari colpiti dall’inflazione non riescono a seguire gli aumenti.
La conflittualità sociale aumenta nelle
campagne e nelle fabbriche.
Il
referendum del 2 giugno 1946 ha dato
la vittoria alla
Repubblica, ma ha dimostrato la spaccatura presente nel paese. Il vento del Nord ha consentito la sconfitta
dei monarchici nell’ltalia settentrionale e centrale, mentre il Sud si è schierato
con Casa Savoia.
Intanto nel maggio ’46 è nato il
secondo governo
De Gasperi, che vede i democristiani rafforzare la loro presenza, ridimensionati comunisti e socialisti, esclusi
liberali ed e azionisti. È il risultato del voto per la
Costituente,
che ha visto l’affermazione della
DC. al 35,2%, il
PSI. al 20,7% ed il
PCI. al 19%. Quasi scomparso il
Partito d’Azione, mentre guadagna più:
di un milioni di voti, specie al Sud, il movimento
dell
’uomo Qualunque dl Guglielmo Giannini.
Denigrando tutta la Resistenza. diffamando i partigiani. opponendosi ai governi di unità nazionale antifascista.
sparge a piene mani ( quasi 800 mila copie diffuse alla fine
del ’45 del suo giornale ) il rifiuto della democrazia e la negazione del ruolo dei partiti e dei sindacati.
A
Pavia conquista il 5,3% ed in provincia il 3,6% diventando il quarto partito.
C’è tutto questo tra i motivi che hanno spinto
Carlo a raggiungere i suoi compagni.
Hanno pensato di compiere una azione di protesta che dovrà servire a mettere allo scoperto
il loro malessere,
la loro delusione: vogliono ritornare in montagna.
Ricostituire, non si sa per quanto, le vecchie bande partigiane, negli stessi posti che li hanno visti protagonisti della
lotta contro tedeschi e brigatisti neri.
Per moltissimi partigiani, che si sono formati una coscienza
politica e civile nel fuoco della loro scelta antifascista, prevale ancora il
sentirsi "ribelli", insofferenza a tattiche e strategie. che reputano lontane o difficilmente comprensibili.
È un gesto estremo,sul quale non pochi compagni sono perplessi o dubbiosi, che vuole lanciare un messaggio,
richiamare l’attenzione del governo e delle forze di sinistra, sulle cose non fatte e su quelle che non andavano avviate.
In primo luogo l’
amnistia ai fascisti.
Un provvedimento giudicato scandaloso e che viene applicato dai tribunali militari con grande disinvoltura,
rimettendo in circolazione tante canaglie responsabili dl feroci delitti contro la popolazione ed i resistenti.
Mentre molti partigiani subiscono in galera con le accuse più diverse.
E poi la richiesta dl un lavoro per chi ha combattuto nella guerra di liberazione,
ed il finanziamento alle diverse cooperative di lavoro costituite dai partigiani smobilitati ( ce ne sono ben 78 nell’intera provincia pavese nei
settori dei trasporti, consumi. edilizia e produzione, ma incontrano grandi difficoltà e ostacoli per ottenere crediti dagli istituti bancari ), lo scioglimento dell’Uomo Qualunque e l’allontanamento
dagli uffici pubblici dei collaborazionisti.
Sembrano domande semplici ma sono in realtà pesantissime visto il clima
politico e sociale che si sta determinando.
Hanno riflettuto a lungo. Poi, dopo accanite discussioni, hanno deciso. Spinti anche dalle notizie
che vengono dalla
Liguria e dal
Piemonte, dove ad
Asti Lavagnino ed altri hanno rotto gli indugi.
Carlo ripensa a tutto questo, mentre attraversa la periferia quasi deserta.
incrocia una arnica che torna da una passeggiata.
Un saluto, qualche convenevole -
“sei in licenza” - gli occhi sbarrati dei due giovani
accompagnatori verso quella figura vestita in modo militare che si porta un
cinturone con pistole ed un fucile in spalla.
Si, perchè oltre il giubbotto ed uno zaino ci sono anche quelli.
Hanno parlato dell’opportunità di essere armati, ed anche se non hanno
in mente "bersagli" da colpire o azioni violente da mettere in atto, sono
comunque pronti a tutto.
Le armi non mancano. Riprese dalle cascine e dei vari nascondigli dove sono finite dopo la liberazione.
Quando il camion Fiat, messo a disposizione da un vecchio compagno che già nel ’43 aveva portato sulle colline i giovani che sfuggivano ai bandi repubblicani, arriva puntuale verso l’una, il gruppo di circa 25 uomini è al completo.
Destinazione il paesino di
Brallo dl Pregola. Non sono gli unici. Anche altri due gruppi partono
da Corvino S. Quirico per
Valle della Gioia dei Risi e da
Stradella
per
Pometo.
A guidarli è
"Bill", un partigiano stimato e conosciuto per il suo valore.
Il viaggio è lento, e per ben due volte incapperanno in posti dl blocco dei carabinieri. Il primo a
Godiasco, ma sono solo due giovani alquanto
impreparati e senza intoppi passano.
Poi a
Varzi, di fronte ad una pattuglia di 4 o 5 militi guidati da un maresciallo. Dura circa mezz'ora il parlottare fitto di
Bill
con il sottufficiale, con spettatori i partigiani scesi dal camion, poi si riparte.
Verso le quattro del mattino arrivano a
Brallo. Nessuna paura tra i villeggianti ancora presenti ed il proprietario dell’albergo. Anzi, caffè e latte con pane per tutti. Poi si organizza la dislocazione.
Alcuni uomini restano nell’albergo, mentre altri trovano alloggio nelle scuole.
In direzione della strada viene piazzato un fucile mitragliatore Bren e istituito un posto di blocco.
Inizia così un periodo di serrato confronto con diverse delegazioni che salgono al
Brallo e negli altri punti della "contestazione".
Diversi gruppi sono guidati dall’
Americano (Domenico Mezzadra), un comandante partigiano, ora eletto parlamentare alla
Costituente, che forte del prestigio
e della autorevolezza riconosciutagli dai partigiani, molti dei quali
hanno combattuto con lui, concorda un incontro a
Voghera per il 27 agosto.
Di quella tesa e difficile assemblea
Carlo viene informato con gli altri suoi compagni: c’è piena solidarietà con
le richieste avanzate, anche se non vengono condivisi i metodi, e l’invito ad attendere "fiduciosi
e calmi" i provvedimenti del Governo.
Ma sopratutto c’è un forte richiamo ad evitare che la protesta venga
usata in modo strumentale da "elementi provocatori".
Un documento finale che raccoglie questi punti viene siglato dai comandanti partigiani
dell’Oltrepo, oltre ad
Americano,
Edoardo (Italo Pietra),
Capitano Giovanni (Giovanni Antoninetti),
Ciro ( Carlo Barbieri),
Fusco (Cesare Pozzi). Ciclostilato e stampato sui giornali di sinistra viene diffuso in modo massiccio.
Anche a livello romano una delegazione dei partigiani contestatori viene ricevuta dal Vice Presidente del Consiglio dei Ministri,
Pietro Nenni.
L’esito dell’incontro fa sperare.
Ed anche le diverse sezioni
ANPI del settentrione si attivano per far rientrare la protesta.
Anche se non convinti del tutto -
“chi ci ci assicura che alle parole seguiranno i fatti?”- inizia il ritorno a casa nei primi giorni di settembre.
I diversi comuni teatri della protesta, per impedire ogni successiva azione repressiva nei confronti dei partecipanti, che hanno goduto comunque
dell’approvazione e di un consenso diffuso della popolazione, rilasciano dichiarazioni favorevoli alla presenza dei giovani,
citandone il comportamento "lodevole"' e l’assenza di lamentele da parte dei cittadini.
Non c’è rassegnazione nel tornare alla vita quotidiana.
Per
Carlo e molti altri rimane la ricerca di una occupazione, attraverso tanti lavori saltuari.
Una spinta, giusta o sbagliata che fosse, hanno cercato di darla.
I fatti però non seguiranno.
L’Uomo Qualunque non verrà sciolto (si esaurirà in seguito, anche per la nascita del
MSI nel dicembre ’46);
l’epurazione non avrà luogo, si arriverà al punto di distinguere tra chi aveva commesso torture "normali" e "sevizie particolarmente efferate" ,verranno assolti i caporioni della
R.S.l., gli assassini
dei
fratelli Rosselli, il
principe Valerio Borghese …
“Alla fine l’unica effettiva epurazione fu quella condotta dai ministri
democristiani
contro i partigiani e gli antifascisti che erano entrati nell’amministrazione
statale subito dopo l’insurrezione nazionale” (1).
Un bilancio triste, destinato a
pesare anche sulle successive vicende della storia repubblicana.
Oggi che si parla dei
"ragazzi di Salò" con comprensione, puntando
a riscrivere le vicende di quegli anni, sarebbe bene non dimenticarlo.
(1) Da
Paul Ginsborg Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi-1943/1988, ed . Einaudi pag 121