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   La battaglia di Costa Pelata


Nel tentativo di rioccupare il territorio collinare, tedeschi e fascisti sferrano una robusta operazione ( impegnando forze e mezzi ) ai primi di marzo del 1945.
I partigiani però non sono impreparati, e contrastano in maniera efficace l’attacco concentrico nazifascista che, partendo dalle valli Ardivestra e Scuropasso, nonché dalla direttrice Varzi- Pietragavina, mira a scardinare il sistema difensivo partigiano imperniato su Zavattarello.
L’apice di questi scontri si svolge nel brullo territorio collinare di Costa Pelata in Val Coppa.
L’11 marzo 1945 sono i garibaldini di "Maino" (Luchino Dal Verme), della "Crespi" e dai giellisti di "Capitan Giovanni" (Giovanni Antoninetti), coadiuvati dal Reparto Cecoslovacco, a fronteggiare l’urto nemico.
partigiani della "Crespi" Costa Pelata è una battaglia che si spezza in una serie di scontri intensi.
Ai partigiani arriva anche l’aiuto di due caccia bombardieri inglesi. Scendono in picchiata sulla collina, sollevando dei timori anche tra le file partigiane, vista la mobilità delle posizioni. L’effetto positivo è dovuto più alla loro presenza, la quale getta scompiglio tra le file nazifasciste, che non all’efficacia delle raffiche, che si perdono sui pendii della costa.
Per l’intera giornata la collina viene persa e ripresa più volte dai
partigiani, che la risalgono per ben quattro volte.
Il giorno dopo (12 marzo 1945) gli attaccanti repubblichini e tedeschi lasciano il campo sconfitti.
Costa Pelata sanziona così il crollo del disegno nazifascista di riportare sotto il proprio controllo il territorio collinare oltrepavese.

A seguire vi proponiamo la scheda informativa della battaglia:

«LA BATTAGLIA DI COSTA PELATA segna la fine dell’ultimo massiccio e coordinato rastrellamento che impegna diverse centinaia di fascisti (GNR, BN, Fiamme Bianche e della famigerata Sicherheit) oltre ad alcuni reparti tedeschi, con tre direzioni d’attacco: da Broni verso valle Scuropasso, da Godiasco verso valle Ardivestra, da Varzi per la zona di Pietragavina. Analoga puntata è effettuata nel tortonese nelle Valli Curone e Grue dalla BN di Alessandria.
La prima direttrice investe i partigiani della “Togni” e della “Balladore” che rispondono all’attacco guidato dal colonnello Fiorentini della Sicherheit, che ha attrezzato una corriera ed una autoblindata. Si ripresentano scene di distruzione, razzia e violenza: a Bosco di Montecalvo viene uccisa una bambina di 12 anni Giuseppina Cocchi, a Casone sono fucilati due contadini, Carlo Pisani (54 anni) e Pietro Maini (42 anni), accusati di aiuto ai partigiani. Lungo il percorso la colonna fascista, che si fa scudo di un ostaggio, cattura il partigiano della “Togni” Renato Moretti (21 anni, che verrà fucilato per rappresaglia il 14 marzo a Cigognola su richiesta di Fiorentini, che rifiuta ogni possibile scambio di prigionieri).
La reazione dei partigiani, sostenuti ancora una volta attivamente dalla popolazione, riesce a bloccare l’attacco ed a conquistare sia la corriera che l’autoblindata, respingendo i fascisti. Da ricordare anche la rapida apparizione di due aerei (forse inglesi) che scendono a mitragliare le colonne dei rastrellatori, con l’effetto di galvanizzare i partigiani e di sorprendere gli attaccanti.
Umberto NegruzziNel settore di Pietragavina la colonna nazifascista riesce ad occupare Valverde ed a Cascina Riassa uccide Umberto Negruzzi “Berto” di Tovazza, (32 anni), valoroso comandante di un distaccamento della “Crespi” da poco nominato capo di stato maggiore della brigata. Una perdita durissima per la divisione “Aliotta”.
Dopo avere raggiunto Costa Cavalieri i rastrellatori sono attaccati dal distaccamento “Missori” della brigata “Casotti” che li respinge su Costa Pelata mentre a Valverde i garibaldini della “Crespi” con i giellisti di Giovanni Antoninetti “Capitano Giovanni” combattono contro il presidio fascista lasciato in paese.
Sono fasi convulse, la collinetta viene persa e ripresa più volte, dagli uomini di Luchino dal Verme “Maino”, con scontri ravvicinati.
L’autoblindata catturata il giorno prima viene colpita e resa inutilizzabile, mentre una colonna che arriva in soccorso dei fascisti viene attaccata dal distaccamento “Bixio” della “Casotti” che vede cadere il suo comandante, Luigi Migliarini “Vento” (22 anni, nato a Rimini e trasferitosi quasi subito a Roma con la famiglia, entrato nei partigiani dopo l’8 settembre).
Giovanni Antoninetti Agli uomini della “Casotti” giungono in appoggio anche le brigate “Sandri”, “Balladore” e “Togni”.
In questa fase cadono Giovanni Antonielli (58 anni) e Giuseppe Bonelli (64 anni) uccisi mentre cercano di salvare la loro cascina colpita dal fuoco dei fascisti, ed è ferito gravemente anche il partigiano Gino Molinari “Pio” (23 anni) - accorso a dare man forte con altri reparti giellisti piacentini, muniti di armi anticarro - che morirà all’ospedale di Bobbio dopo alcuni giorni.
La fuga dei rastrellatori da Costa Pelata corrisponde a quella da Valverde: nella fretta fanno caricare dai contadini di Costa Cavalieri i morti ed i feriti, dimenticando anche un caduto che verrà poi recuperato da uno dei contadini, Alessandro Schiavi, mandato da Godiasco dopo aver trattenuto in ostaggio il figlio per la durata del trasporto. La collina è ormai fuori dal controllo dei nazifascisti. La liberazione si avvicina»
.

 

   Proposte bibliografiche

 

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