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   La Resistenza a Rocca Susella e la
   strage nazista a Chiusani


di Giancarlo Bertelegni

Chiusani è un paesino nel comune di Rocca Susella, una località il cui territorio si estende
su porzioni della Valle Ardivestra Valle Schizzola e Valle del Rile.
Gli abitanti di questo paese e di questo comune, un tempo molto numerosi e quasi tutti
agricoltori, non furono mai fascisti, magari nemmeno apertamente antifascisti, ma essendo
profondamente religiosi, furono contrari ad ogni avventura militare.
Nella memoria degli uomini furono ancora presenti, le tragiche conseguenze della
Iº guerra mondiale.
Tanti giovani partirono nel 1940 per i vari fronti e questo impoverì le famiglie, perché persero
le braccia più valide per il lavoro dei campi.
In seguito alle varie sconfitte che subirono le armate italiane ed in particolari i battaglioni alpini
sul fronte russo, si sviluppò e si diffuse nelle case, nelle stalle e durante il lavoro dei campi,
le lamentele e gli imprechi contro il duce.
L’ostilità al regime fascista, si aggravò dopo l’otto settembre, quando invece della pace
tanto attesa dalla popolazione, si trovarono con l’occupazione militare tedesca
e praticamente la guerra in casa.
I giovani che ritornarono dai vari fronti, furono inorriditi dalle barbarie che assistettero e si
ribellarono all’idea, di dover combattere con i fascisti, alleati ancora con i tedeschi.
Quando uscirono i bandi di leva per l’arruolamento nell’esercito della R.S.I., per le classi dal
1922 al 1926, la stragrande maggioranza dei richiamati di questo comune non si presentò,
malgrado la pena di morte per i renitenti ed i disertori.
I giovani del paese vissero in famiglia nascosti a lavorare la propria terra di giorno, mentre di
notte dormirono in rifugi improvvisati nei boschi.
La consapevolezza che la guerra fosse perduta per i nazifascisti, divenne opinione diffusa in
ogni paese e ogni classe sociale.

A Rocca Susella nessuno aderì al partito fascista repubblicano, addirittura il
29 febbraio del 1944, il podestà, del comune Bassani Ernesto, si dimise dalla carica.
Al suo posto fu nominato il 16 giugno del 1944, come commissario prefettizio Zelaschi Giovanni,
il quale "lasciò" dopo un mese.
Nessuno volle amministrare in quel periodo il comune.
Naturalmente questo clima di ostilità: al regime fascista, favorì l’insediamento di
nuclei resistenziali e pochissime furono le spie ed i delatori.
Il primo insediamento delle "bande" di partigiani, risale al giugno del 1944, quando
Carlo Barbieri "Ciro" di Montebello della Battaglia, trovò rifugio con altri 10 giovani,
a Chiusani. In questo paese, ebbero la sede operativa nei locali del "Dopolavoro", dove
possedettero una radio ed in un portico in aperta campagna, localizzato nel fondo
detto "campo della tagliata" di proprietà della famiglia Emilio Sturla. Questo rifugio ebbe il tetto
coperto di tegole e fu circondato da rami di querce e in tal modo fu ben mimetizzato.
La presenza di combattenti garibaldini, nel comune di Rocca Susella, è ricordata pure da
Giorgio Bocca nel suo saggio « Storia dell’Italia partigiana».
La formazione partigiana fu denominata dapprima "Italia" e poi "Pisacane", il comandante fu
Angelo Arneri "Tigre", il commissario Carlo Barbieri "Ciro".
A questa formazione fece parte anche Lucio Martinelli " Lucio", il quale con la madre Sofia
e con la sorella Enrica ed il fratello Franco, abitarono in una cascina al centro del Chiusani.
Sul monte Magrera, il colle più alto di Rocca Susella, alla fine degli anni trenta, fu edificata una
postazione antiarea , gestita dai militi dell’U.N.P.A., la quale venne successivamente occupata
dai militari tedeschi della F.L.A.K..

I partigiani comandati da "Ciro" con la partecipazione di Angelo Cassinera "Mufla" e di altri
del gruppo, il 2 agosto del 1944, attaccarono la postazione antiarea e subito dopo i primi spari,
i tedeschi si arresero. I prigionieri furono lasciati liberi, ma non vollero andarsene per paura
di essere fucilati dai loro superiori. Molto ricco fu il bottino di armi e munizioni.
Questo importante evento, che fu addirittura pubblicato sul "Garibaldino", del
19 agosto del 1944, il diffuso giornale partigiano.
Il numero dei "ribelli" a Chiusani continuò ad aumentare, fino ad arrivare a superare
abbondantemente il centinaio di uomini. Addirittura furono ospitati i partigiani garibaldini
della Val Sesia, come risultò da una lettera del 31 agosto del 1944, scritta dal ten.Guasta
dello Stato Maggiore della Divisione garibaldina di "Cino Moscatelli", nella quale ringrazia le
famiglie di Chiusani " per l’aiuto che hanno dato a me e alla causa comune".
Verso la metà d’agosto del 1944, in molti comune come Rocca Susella, Montesegale,
Fortunago,
, si formarono delle "zone libere", dove sia i partigiani sia gli sbandati, poterono
vivere tranquillamente.Questa serenità durò molto poco e terminò drammaticamente.
Subito dopo lo sbarco delle truppe angloamericane del 15 agosto nel sud della Francia, i tedeschi temettero che gli alleati, potessero liberare la Pianura Padana e prendere alle spalle
la "Linea Gotica". Per evitare questo pericolo, realizzarono una serie di rastrellamenti
con l’impiego di nuove truppe come il battaglione "603º Flakabteinlung" comandato dal
capitano Michaelis, con l’ordine di penetrare nell’Oltrepò collinare.
Con la complicità di una fitta nebbia e la mancanza di un posto di guardia, l’alba del
20 settembre del 1944, una colonna tedesca circondò il paese e sorprese nel sonno
i garibaldini della brigata "Pisacane", stanziati a Chiusani.
Alcuni partigiani riuscirono ad evitare la cattura, come il comandante "Tigre", ma altri
non ci riuscirono. Come mi ha raccontato Lino Sturla di Chiusani:

"se non ci fosse stato il coraggioso intervento dell’anziano Vittorio Moscato, di
Ca’ degli Sturla, che corse fino a Chiusani ad avvertire suo nipote Flavio e tutti noi,
che i tedeschi erano in arrivo, con questo suo gesto salvò la vita a tanti giovani ed io
ed altri giovani, anche se non eravamo partigiani, fuggimmo lo stesso nei boschi"
.

Immediatamente uccisero Attilio Clerici e Carlo Longa entrambi di 23 anni.
Arrestarono diversi contadini del paese e si sparsero per la frazione a compiere rappresaglie:
bruciarono il "Dopolavoro" di proprietà di Emilio Sturla e fecero razzia un po’ dovunque
di generi alimentari come salami, vino ed animali domestici come maiali e polli.
Nel manoscritto autobiografico di Sofia Pozzi Martinelli racconta che:

"Più di 30 sgherri irruppero in casa mia e la perquisirono minuziosamente, aprendo bauli
e rubarono la merce migliore e asportandomi anche parecchio denaro e rimasero
in casa mia per oltre ventiquattrore"
.

Durante la rappresaglia, i militari trovarono un elenco di nomi dei partigiani,
il quale venne compilato alcuni giorni prima dal comandante Angelo Arneri, per la distribuzione
di una indennità di missione di centocinquantalire per ogni combattente.
Questo documento servì ai tedeschi per identificare i prigionieri. Nell’elenco figuravano i nomi di
Guido Brignoli di anni 18 e Luigi Gemelli di anni 19, furono ritenuti "banditi" e uccisi con un
colpo di rivoltella alla nuca e prima di morire dovettero scavarsi la fossa.
La tragica fine dei quattro partigiani, è documentata negli atti di morte del Comune di
Rocca Susella, dove risultano: "uccisi dai tedeschi alle ore 8,30 del 20 settembre del 1944".
Nel luogo della strage, dopo la guerra, venne eretto un Monumento, dove figurano i nomi
dei quattro partigiani uccisi.
Questa fu una "vittoria di Pirro" perché incrementò l’odio della popolazione, nei riguardi dei
nazisti invasori. I partigiani superstiti si riorganizzarono e la brigata "Pisacane" venne
assorbita dalla "Casotti", dipendente dalla Divisione garibaldina "Gramsci".
Un nuovo rastrellamento interessò Chiusani, Gaminara e Schizzola, il 30 dicembre del 1944, per
opera di una colonna di circa trenta militari tedeschi del presidio di Retorbido, insediato
fin dal 4 settembre del 1943, nel palazzo delle scuole elementari.
Questa volta non riuscirono a catturare nessun partigiano, anzi per paura di imboscate,
spararono raffiche di mitra, nei cespugli lungo la strada, però riuscirono ad arrestare alcuni
"sbandati" e rubarono ancora ai contadini dei generi alimentari.

Un grave lutto, sconvolse ancora la tranquillità di questa frazione, la barbara uccisione di
Lucio Martinelli, di 24 anni e figlio di Sofia Pozzi Martinelli. A Biagiasco di Pozzol Groppo,
il 31 gennaio del 1944 i militi della "Sicherheits Abteilung" comandata dal col. Felice Fiorentini,
arrestarono e fucilarono Lucio, vice-comandante della Divisione garibaldina "Aliotta"
ed altri cinque partigiani.
Il cadavere di Martinelli insieme agli altri caduti, come ha scritto GiamPaolo Pansa:
"Furono straziati a colpi di bomba a mano".
Nel Monumento ai caduti a Rocca Susella è ricordato il partigiano Lucio Martinelli, come pure
nel sacrario di Biagiasco ed addirittura nell’opera dello scrittore
Clemente Ferrario "Non servon più le stelle".
Nonostante i rastrellamenti e le fucilazioni sommarie, nella primavera del 1945, il numero dei
partigiani aumentò, così pure l’appoggio della popolazione e anche di numerosi parroci.
Questi "ribelli" comandati da uomini conosciuti, con nomi di battaglia pittoreschi come:
Maino (Luchino Dal Verme), Fusco (Cesare Pozzi), Ciro (Carlo Barbieri), Americano
(Domenico Mezzadra)
, ottennero il rispetto ed il timore dai nazifascisti per l’intelligenza
strategica con cui eseguirono rapidi ed improvvisi "colpi di mano" ai loro convogli militari,
con gravi perdite soprattutto di materiale bellico.
Nella notte tra il 25 ed il 26 aprile del 1945, i partigiani garibaldini di Rocca Susella e di altre
località limitrofe, comandati dal «conte-partigiano» Luchino Dal Verme, (Maino) attaccarono il
presidio nazifascista di Casteggio e dopo aspri combattimenti, la mattina del
26 aprile liberarono il paese.
Dopo vent’anni di grigiore per l’inadeguatezza dell’amministrazione fascista, nel comune di
Rocca Susella il 25 aprile, venne insediato il C.L.N., formato da cinque membri
e presieduto da Renato Persico.
Per gli abitanti di questo piccolo comune, queste giornate segnarono l’inizio di una nuova
"era" di libertà e di partecipazione democratica alla vita pubblica.

 

L’articolo è stato pubblicato dal "Giornale di Voghera " il 12 febbraio 2009