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   La Brigata Nera "Alberto Alfieri"
Altrettanto interessante analizzare il caso della Brigata  Nera. La XIV Brigata pavese, venne
 intitolata ad Alberto Alfieri, e si costituì ufficialmente il 3  agosto 1944. Pur nella minore ampiezza
 del numero delle vittime provocate si  possono 
notare le stesse dinamiche della Sicherheits: maggior numero di  esecuzioni rispetto alle morti causate in combattimento, residuale il numero
 di arrestati e poi deportati.
 
di arrestati e poi deportati. 
Giuseppe Vercesi ("Gipén"), uno dei capi
 della BN, organizzatore di agguati e 
torturatore di prigionieri, ingaggia una
 "battaglia personale" contro il  comandante
 della divisione matteottina  "Fusco" (Cesare
 Pozzi), persegiutando, in prima persona,
 i partigiani a lui più vicini. 
"Fusco" d’altra parte uccide i suoi fratelli e 
lui stesso.  Il 18 Febbraio 1945. con un’audace
 azione il comandante partigiano "scende", con 
5 compagni a Stradella prima del coprifuoco. 
Irrompono nell’albergo/osteria "La Milanesa"
 dove Giuseppe Vercesi  sta cenando. Nella sparatoria che ne segue "Gipén" e tre suoi  compari
 trovano la morte.
Per ambedue i reparti  di polizia (Brigata Nera e Sicherheits) si può ipotizzare che preferissero
fucilare  che consegnare ai tedeschi (caso del trasferimento di prigionieri).
Uccisioni per accreditarsi e legittimare il loro potere. Uccidevano subito i partigiani, perché li 
ritenevano di competenza loro, avevano  ingaggiato una "guerra privata". 
Emblematico, a riguardo, l’episodio di Verretto durante l’"inverno di sangue"1944-1945
 (il grande rastrellamento invernale). Il
2 gennaio 1945 gli uomini della Brigata Nera, guidata
 dal Col. Arturo Bianchi e dal comandante vogherese Arnaldo Romanzi ( il cui nome è stato
 inserito in una targa commemorativa posta a fine Settembre 2010, con il benepalcito 
dell’amministrazione comunale iriense, a lato del Castello Visconteo di Voghera) uccidono
 
Ermanno Gabetta (Mrdaglia D’Oro al valor militare e Giovanni Mussini e "passano per le 
armi", immediatamente dopo la cattura, Pietro Rota e Ferruccio Luini.
Quando sono sconfitti si scatenato provocando  morti, incendi, distruzioni. 
Agiscono in un ambito extra-giudiziale, decidono  della vita e della morte.
Infliggono punizioni collettive e indiscriminate alle popolazioni che sospettano di aiutare le 
formazioni partigiane nelle zone franche. 
Infiltrano delatori che  permettono di colpire a colpo sicuro, a casa, all’osteria, in paese,
senza scontri in campo aperto. 
Spesso usano gli stessi metodi dei partigiani: guerriglia, travestimenti, imboscate.
Sono irriducibili fino ai giorni dell’insurrezione.
Per loro autonoma decisione persone potenzialmente destinate alla deportazione sono invece uccise. 
Paradossalmente “sottraggono” uomini alla deportazione.
 Schematizzando  si potrebbe affermare che in certe situazioni i nazisti deportavano,
 i  fascisti  uccidevano. 
Dai numeri risulta che, a livello locale, la deportazione si configura come un aspetto marginale
 della repressione antipartigiana. 
E questo soprattutto da parte delle forze fasciste che
 preferiscono di gran lunga sopprimere gli avversari, che consegnarli ai tedeschi.
Sarebbe interessante incrociare e verificare questi dati peculiari dell’Oltrepo con i 
comportamenti tenuti dai nazifascisti nelle altre zone del paese.
Per questi motivi il Il contributo fascista alla repressione antipartigiana,  considerando
 l’aspetto dei lutti e del terrore provocati, non è stato inferiore  a quello nazista.
 Morti e uccisioni dei Nazifascisti
    Morti e uccisioni dei Nazifascisti
In questa tabella sono riassunte, con tutti i limiti delle fonti (alcune imprecise) le morti subite ed inferte dai fascisti e dai nazisti
nel territorio dell’Oltrepo pavese.
In primo luogo si nota che il numero delle morti fasciste è molto inferiore (quasi la metà)
 rispetto a quelle degli antifascisti: 190 contro i 394.
Se si analizzano i dati nello specifico la Sicherheits e le varie unità tedesche sono le formazioni 
che più hanno ucciso subendo, nel contempo, il minor numero di perdite.
Anche nella somma totale delle morti nazifasciste rimane valido l’assioma della  metà dei caduti
in confronto alle uccisioni da loro cagionate.
Interessante il discorso rispetto al "dopo Liberazione". Ricordiamo che il 25 Aprile come "fine
 della guerra di Liberazione" è una pura convenzione. A quella data in molto territori si
 combatteva ancora. Difatti nei giorni della Liberazione i partigiani uccisi in Italia furono
 circa 4000. Come spiega giustamente Mirco Dondi , ricercatore di Storia contemporanea, c’è stata
 una «lunga Liberazione» che ha visto "colpi di coda " dei fascisti, ha visto episodi di linciaggi, 
di reazione popolare, di vendette, eventi difficili da controllare. 
Nonostante dopo la Liberazione, i nazifascisti uccisi siano stati 54 (per sentenze dei 
Tribunali di guerra, delle corti di Assise, oltre che per esecuzioni), nell’Oltrepo pavese sono
 stati i partigiani e gli antifascisti a versare un contributo di sangue ben maggiore delle forze 
tedesche e dei repubblichini di Salò.
 
   
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Il caso dell’Oltrepo pavese"