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GALLERIA
FOTOGRAFICA


       


   Verretto 2 Gennaio 1945. I miei genitori ricordano


del dott. prof. Sergio Mussini


L’orgoglio di chiamarsi Mussini

libretto personale di Fiorentino Mussini Nel 1961 avevo 13 anni, frugando tra le vecchie fotografie, ritrovate in una vecchia scatola di cartone posta sull’armadio della camera da letto dei miei genitori, ritrovai un vecchio documento del 18 Dicembre 1945. Era il libretto personale di Fiorentino Mussini detto Tino", Partigiano della Brigata "Gramigna" Divisione "Aliotta", nome di battaglia "Nevo".
Un fremito mi colse per tutto il corpo: come studente di terza media stavo studiando la 2º guerra mondiale ed in particolare gli eventi posteriori all’armistizio del 1943, avevo un primo attore di quell’evento in casa. Quella sera pretesi da mio padre il racconto della sua esperienza. Con non poca commozione mio padre cominciò a ricordare:

«Il movimento partigiano di Castelletto di Branduzzo nacque per volontà di Giovanni Mussini (lontano parente) e Battista Longhi. Era la sera dell’8 Marzo 1944, noncuranti di gravi pericoli e delle mortali conseguenze, Mussini Giovanni, Longhi Battista, Rota Pietro, Luini Ferruccio, Comini Giuseppe e Vaiani Pietro in una seduta segreta proclamarono costituita la cellula comunista di Castelletto di Branduzzo. Giovanni Mussini A questa cellula aderirono subito un gruppo di giovanissimi: io, Savi Candido, Casarini Sandro, Cazzola Mario, Bernini Ambrogio, Boatti Natalino, Olivati Nello ed un gruppetto di anziani: Civaldi Celso, Barbieri Giuseppe, Cibrelli Francesco, Valdata Ernesto e Mombelli Attilio.
Decidemmo di formare squadre di volontari per cercare di opporsi ai nazifascisti che spadroneggiavano nelle nostre strade, e soprattutto per fermare gli omicidi della famigerata SICHERHEITS di Fiorentini ( la " Gestapo italiana).
Pietro RotaLe armi ce le procurammo disarmando elementi sparsi delle Brigate nere, delle forze repubblichine e dei tedeschi. Nelle azioni effettuate nell’intorno di Castelletto gli amici Rota e Olivati furono i più coraggiosi.

Verso la fine dell’Agosto aderii con tutti gli altri compagni alla Brigata S.A.P. "Gramigna" (la 115º Garibaldina). Comandante era Baldissarri Carlo ("Carletto")* * *, Vice Comandante Gabetta Ermanno "Sandri"
[ndr: una delle 3 Medaglie d’oro al Valor Militare iriensi].
Ci trovammo anche un motto di battaglia - "Lotta decisa sino alla morte" -. Anche la mamma, allora la mia giovanissima fidanzatina, per starmi vicino divenne una nostra portaordini, Purtroppo […] »

 

A questo punto gli occhi di mio padre diventarono lucidi, mia madre, che gli stava accanto, lo abbracciò e lo convinse a continuare:

«[…] il 4 Dicembre 1944 nel "Caffè Croce" Casarini, Savi e Bernini furono catturati dagli sgherri dalla Sicherheits, torturati ed uccisi. Solo per un miracolo mi salvai dalle camicie nere, mi passarono accanto sulla strada e non mi riconobbero. Le camicie nere andarono a Valle Botta, dal nonno, a cercarmi. Lo picchiarono a sangue. Poi andarono nel mio negozio di parrucchiere e lo distrussero completamente.

La domenica successiva Longhi, Civardi e Barbieri, furono prelevati dalle loro case, portati nel Castello di Cigognola e barbaramente uccisi dopo inenarrabili torture. La Sicherheits stilò l’elenco dei ricercati a morte: Io, Luini, Gabetta, Mussini Giovanni, Rota, Montagna, Milanesi, Olivati, Parrocchetti, Vitali e Gabba.
Nel Novembre ci fu un rastrellamento terribile che ci impedì di raggiungere le colline. In sei ci rifugiammo in una casupola tra i campi di Verretto. Nemmeno la mamma, che abitava proprio a Verretto con la nonna, sapeva che eravamo così vicini»
.

 

* * * Nota di redazione: Il nome esatto del comandante della 115º Garibaldina (Gramigna Brigata S.A.P.) era in reltà Carlo Boldizzoni

 

 

 

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