Ricordiamo alcune delle vitime della Sicherheits.
Celestina Busoni uccisa, insieme a 3 partigiani
il 24 Marzo del 1945. Era incarcerata a Broni
nell’ex albergo Savoia. Ecco, grazie al racconto di un
testimome, il comportamento che tennero i militi della
Sicherheits dopo che ebbero fucilato Celestina:
«E la squadraccia incaricata della bisogna di ritorno
dalla efferata impresa, dopo l’orgia di sangue, si
tuffava nell’orgia dei sensi fino all’abbrutimento
con tutti i mezzi anche con donne prigioniere**».
Testimonianza di Ambrogio Casati.
**È bene ricordare che nei processi che si svogeranno
nel 1945/46 da parte
della Corte d’Assise
straordinaria di Voghera verrà rimarcato, dalle
testimonianze, che gli uomini della Sicherheits abitualmente usavano violenza sulle donne
prigioniere.
Anna Mascherini viene uccisa brutalmente nell’eccidio di
Pozzol Groppo (25 Gennaio 1945) insiema ad altri 5 partigiani.
Grazie ad una delazione gli uomini della Sicherheits, aiutati
da elementi della G.N.R. sorprendono, in una scuola, i
"Ribelli". Alla cattura, senza sparatoria, segue l’esecuzione di
tutti i partigiani e l’abbandono dei loro cadaveri nella piazzetta
della frazione di Biagasco. Non risparmiano nemmeno Anna
che è visibilmente incinta.
Ambrogio Casati, in precedenza già citato riguardo alla
vicenda di Celestina Busoni, era tra i prigionieri che ebbero la
sventura di "transitare" nel carcere bronese della Sicherheits.
Professore di disegno, tratteggiò, in un bozzetto, una scena
vissuta all’interno della sua cella. Si nota un milite della S.A.
nell’atto di estrarre e puntare una rivoltella contro i prigionieri ammassati in quel locale,
(probabilmente situato nei sotteranei o nel sottotetto).
Oltre a questo schizzo, Casati ci ha
lasciato anche delle testimonianze.
Eccone una:
«Questi miseri prigionieri di Villa
Savoia a Broni tra il Novembre 1944 ed il mese di Aprile 1945
toccarono il numero di 82 uomini
e 40 donne con oscillazioni
quotidiane, con repentine
liquidazioni, ed apparizioni di
nuove tristi comitive con il loro
destino e la loro speranza».
Sempre Ambrogio Casati ci fa rivivere
la violenza gratuita con cui uno dei
più terribili criminali in divisa nera del territorio compreso tra Stradella e Broni, il torturatore
della Brigata Nera "Gipén" (Giuseppe Vercesi), si lanciò contro Ernesto e Renato Droghi,
rispettivamente padre e fratello di un partigiano:
«La domenica 18 febbraio del ’45 eravamo in venti nella nostra cella ed il famigerato
Gipén (Vercesi da Costa Montefedele ndr: frazione di Montù Beccaria ) venne a vederci,
forse per riconoscere qualcuno di noi (già dichiarava di conoscerci tutti anche se noi non
l’avevamo mai visto prima di allora sotto le spoglie di belva umana). Si scagliò subito
contro i due Droghi padre e figlio, scudisciando, bastonando, calciando con le scarpe
chiodate, spaccando a calci due costole all’altezza del cuore del misero Droghi figlio che
aveva ridotta la testa ed il collo ad un grumo di sangue a furia di nerbate e di colpi di
calcio di rivoltella…»
Casati conclude la sua testimonianza invocando una «vendetta dal cielo» contro "Gipén".
Appena dopo Vercesi viene ucciso dal comandante partigiano Cesare Pozzi ("Fusco").
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Il caso dell’Oltrepo pavese"