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   Rastrellamento pianura ed eccidio di Verretto
   Gennaio 1945


Dall’estate del 1944, si organizza nel cosiddetto Casone di Lungavilla, la base "L": un centro di reclutamento e collegamento con le strutture del CLN di Milano, oltre che di aiuto al trasferimento di giovani verso le formazioni di montagna. L’attività della base "L" non passa inosservata ai responsabili provinciali della RSI, che nei loro documenti segnalano allarmati i colpi di mano negli uffici comunali di numerosi centri di pianura, tra i quali Castelletto di Branduzzo, Lungavilla e Verretto, che puntano a distruggere le liste di leva (per evitare la chiamata alle armi dei giovani nell’esercito di Salò) e gli elenchi per la consegna agli ammassi delle produzioni locali. Nell’autunno è la volta di azioni militari mirate al disarmo di presidi fascisti (Castelletto il 28 settembre), tedeschi (Lungavilla, 16 ottobre e Cervesina, 24 ottobre). Attività che evidenziano come la presenza dei partigiani si fonda su una rete estesa di solidarietà, copertura e vicinanza da parte della popolazione, anche se non mancano delazioni e segnalazioni alle autorità fasciste.

Questa situazione cambia radicalmente ed in modo drammatico con lo sviluppo del tremendo rastrellamento invernale che inizia il 23 novembre investendo l’intero Oltrepo, la provincia di Alessandria e quella di Genova con una feroce catena di distruzioni e violenze contro la popolazione civile e quella femminile in particolare, di rappresaglie, fucilazioni ed uccisioni sommarie attuate per stroncare le forze partigiane.

In pianura e nei centri abitati l’offensiva nazifascista si trasforma in una feroce "caccia all’uomo" nella quale si distinguono i militi della famigerata "Sichehreit" del colonnello Fiorentini.
Il 4 dicembre 1944 una puntata della Sichehreit (avviata da una delazione), vede l’arresto di Ambrogio Bernini (18 anni, operaio), Candido Savi (22 anni, operaio) e Alfredo Casarini (21 anni, fabbro). Sono tutti assassinati e depredati di scarpe, portafogli e orologi lungo la strada tra Castelletto, Verretto e Redavalle dai fascisti che rientrano alla loro sede. Appartengono alla brigata "Gramigna" - intitolata ad Ernesto Gramegna (55 anni, contadino) di Montebello, partigiano caduto il 1º ottobre - che, inserita nella 3º div. Garibaldina "Aliotta" e guidata da Carletto Boldizzoni, opera tra Castelletto e Arena Po.

Altri tre partigiani, anch’essi della "Gramigna", a distanza di pochi giorni, il successivo 10 dicembre vengono catturati dai militi della Sichehreit: Battista Longhi (37 anni, autista), Giuseppe Barbieri (38, contadino) e Celso Civardi (30, macellaio).
Civardi viene ucciso in un presunto tentativo di fuga lungo la strada tra Broni e Scorzoletta, mentre Longhi e Barbieri vengono rinchiusi nel tristemente famoso Castello di Cigognola (sede allora della Sichehreit) dove subiscono feroci sevizie prima di essere gettati nell’orrendo pozzo del Castello.

Il 2 gennaio 1945 parte un rastrellamento guidato da Arturo Bianchi (capo di stato maggiore della Brigata Nera pavese), con oltre 200 militi di diverse zone (compresa Voghera, con il comandante Arnaldo Romanzi) armati con mitragliatrici e mortai. La scelta è di accerchiare l’area nella quale si trova il nucleo dei resistenti, ma l’effetto sorpresa viene mancato e lo scontro divampa fin dal mattino.
Ermanno Gabetta (32 anni, impiegato), Giovanni Mussini (42 anni, operaio), Ferruccio Luini (27 anni, operaio), Pietro Rota (23 anni, operaio) sono asserragliati nel casotto di campagna a Verretto. Sanno bene che non hanno possibilità di fuga, ma per oltre due ore resistono ai rastrellatori, rifiutando la resa e "beffeggiando" - come riporta la relazione del federale fascista pavese Dante Cattaneo - gli squadristi.

Gabetta ha svolto il servizio militare in un ospedale da campo sul fronte greco albanese ed in Jugoslavia, dopo l’8 settembre entra in clandestinità, con il nome di battaglia di "Sandri". Diventa un punto di riferimento per la Resistenza in pianura e nella città di Voghera, dove risiede. È autore, con Franco Quarleri (medaglia d’oro al valor militare) ed altri gappisti, nel settembre ’44 di una fulminea azione al Castello visconteo vogherese, adibito a carcere, che libera diversi esponenti del CLN. Diventa vice comandante della brigata "Gramigna" e per l’attività svolta e la morte in combattimento verrà decorato con la medaglia d’oro al valor militare.
Mussini, il pù anziano dei quattro, con l’aiuto di Longhi ha costruito nel marzo ’44 la cellula dell’organizzazione clandestina del PCI nella zona, di cui è indicato come colonna portante, mentre Luini e Rota, rappresentano per la loro etè, la saldatura tra vecchio e nuovo antifascismo che si sviluppa nella lotta di Liberazione.

 

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