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IL PARTIGIANO E DEPORTATO EMILIO BACIO CAPUZZO CI HA LASCIATO

IL PARTIGIANO E DEPORTATO EMILIO BACIO CAPUZZO CI HA LASCIATO

L’ANPI Sezione di Nova Milanese (Monza e Brianza) con enorme tristezza comunica la scomparsa del nostro caro amico e compagno, il Partigiano e Deportato Emilio Bacio Capuzzo. Tutti insieme ci uniamo al dolore della famiglia.

Con Emilio Bacio Capuzzo, Partigiano in Val Sesia e in Val D’Ossola nelle Brigate Garibaldi del Comandante Cino Moscatelli, se ne va un pezzo di memoria della Storia rappresentata da una generazione che ha riscattato le sorti del nostro Paese dalla più grande tragedia dell’umanità. 

Il Direttivo ANPI di Nova Milanese

Le esequie del Partigiano Emilio Bacio Capuzzo si terranno mercoledì 11 ottobre 2017 ore 15.15 presso la Chiesa Beata Vergine Assunta in Via Caravaggio n. 43 Nova Milanese

http://www.anpimonzabrianza.it/documenti.html#20171009

 

Nato l’1 febbraio 1926 ad Anguillara Veneta (Padova). Il padre, socialista, aveva perso il posto di lavoro per essersi rifiutato di prendere la tessera del Partito nazionale fascista. La famiglia sopportò per diversi anni i sacrifici a cui le ristrettezze economiche e la miseria l’avevano condannata finché, nel 1938, i genitori con i loro numerosi figli decisero di emigrare, trovando un’abitazione in una corte di Nova Milanese, in via Madonnina 6.

Bacio, terminate le scuole dell’obbligo e ottenuto un diploma di apprendistato alla scuola della “Ercole Marelli”, fu assunto alla Breda come apprendista aggiustatore. Con l’arrivo dei tedeschi dopo l’8 settembre 1943, la vita in fabbrica divenne più dura e più pericoloso era esporsi nell’attività antifascista. Malgrado questo, Capuzzo si prestò a fare da portaordini per le cellule interne della Breda; la sua attività e i suoi spostamenti non autorizzati insospettirono il caporeparto e probabilmente in seguito a ciò, casa sua venne visitata dai fascisti. Fu Olivo Favaron, vicino di casa, ad intercettare Bacio mentre rientrava dal lavoro ed ad avvisarlo di non farsi vedere e stare lontano. Inizia così un primo periodo di latitanza del giovane novese che, ospitato in varie cascine della zona, fu avvicinato dagli elementi del gruppo partigiano del paese.

Nel frattempo tentò un rientro alla Breda, le necessità economiche erano impellenti e, dopo un chiarimento con il caporeparto, riprese il suo posto di lavoro. Dopo solo un mese di relativa tranquillità, furono i bombardamenti alleati che distrussero lo stabilimento a far variare nuovamente la situazione. Le maestranze si trovarono disoccupate e così disponibili per il lavoro obbligatorio in Germania attraverso la precettazione. Anche a Bacio Capuzzo giunse la cartolina che gli intimava di presentarsi al comando tedesco per essere inviato in Germania a lavorare nell’industria bellica aeronautica. Per l’ormai ex-operaio della Breda la decisione fu però immediata: rifiuto a presentarsi e adesione al gruppo di partigiani di Nova Milanese, pronto a partire per la montagna. L’episodio della morte accidentale di Giorgio Biondi costrinse Capuzzo ad una nuova fuga che si concluse con l’approdo ad un nuovo contatto, quello con la squadra sap di S.Fruttuoso, a Monza.

Partecipò quindi alle azioni di questo gruppo fino al momento in cui, in seguito ad un’azione non andata per il verso giusto, la sap venne scompaginata. Dopo quattro mesi di assenza da casa, Bacio ne approfittò per rientrare a Nova Milanese a salutare i suoi; è questa una situazione tipica in cui molti che si erano dati alla vita clandestina vengono intercettati e catturati. L’abitazione, probabilmente tenuta sotto osservazione, dopo nemmeno un’ora che il giovane partigiano era arrivato, si vede invasa da elementi delle brigate nere. Venne portato alla caserma di Cesano Maderno e poco dopo capì il perché. Un partigiano del gruppo novese, appena catturato, sotto tortura aveva parlato e aveva fatto anche il nome di Capuzzo come membro della Resistenza; ammanettato fu subito trasferito a Monza dove i brigatisti lo consegnarono alle SS tedesche che immediatamente lo rinchiusero nel carcere locale: era il 5 novembre 1944.

La permanenza nel penitenziario del capoluogo brianzolo fu lunga e dura anche per il divieto di ricevere sia persone che pacchi con generi di prima necessità. Fu infatti solo il 21 dicembre che Capuzzo venne inviato a S.Vittore per “Attività sovversiva”, consegnato da Feldgendarmerie Monza, matricola 897. Dopo quasi un mese, il 16 gennaio 1945 al tramonto per evitare i mitragliamenti aerei, due pullmann dell’Atm vennero riempiti di detenuti da trasportare a Bolzano e si misero in viaggio. Nei pressi di Brescia uno dei due mezzi entrò in avaria cosicché i prigionieri furono fatti scendere, incolonnati e condotti al carcere della città dove trascorsero la notte dormendo in terra nei corridoi. All’alba, sistemato l’autobus, il folto gruppo ripartì per l’Alto Adige e raggiunse Bolzano a mezzogiorno.

Probabilmente un convoglio per la Germania era già in formazione perché nel campo di transito Capuzzo rimase solo tre giorni prima di essere caricato su un vagone merci il 19 gennaio 1945 fra cinquanta uomini stipati in poco spazio. Il treno partì procedendo lento e fermandosi spesso in prossimità delle stazioni; in questi momenti la guardia tedesca scendeva e spianava i mitra per impedire ogni fuga. Nel prosieguo del viaggio all’interno del carro di Capuzzo spuntò un piede di porco; due deportati, un ferrarese e Bignami di Bovisio Masciago ruppero il lucchetto che serrava uno sportello e tagliarono il filo spinato, ulteriore barriera di contenimento, e saltarono giù. Dietro di loro c’era Bacio Capuzzo che esitava, la paura di andare a sbattere contro qualche palo con il treno in corsa, il timore di essere scoperto e fucilato, le discussioni con gli altri detenuti che temevano una rappresaglia a loro danno lo frenavano. Poi decise di saltare. La sua fortuna fu l’abbondante neve che delimitava i binari e la scarpata che attutì la caduta. Rialzatosi mentre il treno era ormai lontano, Capuzzo non seppe realizzare nemmeno se era in Italia o meno. Capì di essere ancora entro i confini nazionali quando raggiunse la cittadina di Fortezza; da qui con mezzi di fortuna arrivò a Bolzano dove si ricongiunse con Bignami. Decisero poi per dare meno nell’occhio di rientrare a Milano ognuno per la sua strada.

Capuzzo sfruttò un passaggio su un camion della Montecatini, aveva saputo chiedendo in giro che un mezzo faceva la spola fra la Lombardia e Bolzano e fortuna volle che membri della Resistenza locale fossero fra i dipendenti della filiale alto-atesina e avessero già aiutato molti altri fuggiaschi. Giunto a Monza scese e attraversò a piedi tutto il parco per tenersi lontano dalla città, a Biassono un collega di lavoro lo riconobbe e in bicicletta lo trasportò a Nova Milanese dalla famiglia. La sua situazione però non lasciava scampo, era ormai ricercato e non poteva reinserirsi nella vita civile di tutti i giorni. Riallacciò allora i contatti con gli antifascisti locali e decise di portarsi in montagna per unirsi alle bande partigiane. Con un lungo trasferimento fatto nell’ombra e soprattutto a piedi, Capuzzo raggiunse le brigate della Valsesia. Da questo momento, inserito nell’82° Brigata Osella partecipò a numerosissime azioni nella squadra guastatori fino al 25 aprile, quando entrò nella Novara liberata e il 29 partecipò alla grande manifestazione a Milano.

  10.10.17 13:15:00 , a cura di Lombardia (contattaci), categorie: Attività in Lombardia, Comunicati, Antifascismo, Resistenza, Comitati Provinciali, Libri, Sezioni, Novità, Memoria, Testimonianze, Commemorazioni, Cultura
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