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78° ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO DI MEINA

MERCOLEDÌ, 22 SETTEMBRE 2021 IL CICLISTA DELLA MEMORIA GIOVANNI BLOISI, INVITATO DALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI MEINA, INTERVERRÀ ALLA CERIMONIA COMMEMORATIVA ISTITUZIONALE

EFFETTUERÀ QUINDI IL PERCORSO MEINA-INTRA, A CONCLUSIONE DELLA TRATTA 2021 DEL VIAGGIO NEI LUOGHI DELLE STRAGI NAZIFASCISTE (NORD-OVEST), CON MOMENTI COMMEMORATIVI ALLE TAPPE

MEINA ore 11;      SOLCIO DI LESA ore 14,39;      BAVENO ore 16;      INTRA DI VERBANIA ore 17

BAVENO (15, 17 e 22 settembre 1943) MEINA (22 e 23 settembre 1943) INTRA (8 e 11 ottobre 1943)

La Strage del Lago Maggiore, un’incalzante catena di uccisioni, fu il primo episodio della Shoah italiana. Complessivamente, si ebbero 58 vittime (se comprendiamo in questo numero anche i quattro arrestati a Novara, deportati e morti nei Campi di sterminio, storia di deportazione ancora non completamente documentata, per due di loro) su circa un centinaio di ebrei presenti in quel momento sul territorio: sfollati piemontesi e lombardi (principalmente da Milano) e profughi stranieri (alcuni nordeuropei e una ventina di Salonicco).

Questa, la cronologia: 15, 17 e 22 settembre 1943 - Baveno (14 vittime); 15 settembre 1943 - Arona (9 vittime); 15 settembre 1943 - Orta (2 vittime); 15 settembre 1943 - Mergozzo (3 vittime); 16 e 22 settembre 1943 - Stresa (4 vittime); 17 settembre 1943 - Pian Nava (2 vittime); 19 settembre 1943 - Novara (4 vittime); 22 e 23 settembre 1943 - Meina (16 vittime); 8 e 10 ottobre 1943 - Intra (4 vittime). Eccidio, per numero di vittime ebraiche, secondo solo a quello delle Fosse Ardeatine.

Gli episodi furono tutti caratterizzati da una fredda, calcolata modalità. Compresa l’azione finale di occultamento dei delitti, da parte degli esecutori.

Tutto ebbe inizio a BAVENO, con ben 14 vittime, fra italiani e stranieri. Il 13 settembre 1943, i Luzzatto di Milano e i Serman, di origine austriaca – entrambe le famiglie molto abbienti –, vennero prelevati dalle loro ville e queste saccheggiate. Il rastrellamento proseguì e in quattordici vennero condotti presso il requisito Hotel La Ripa, sede delle SS. Nelle notti del 15, 17 e 22 settembre vennero uccisi e i corpi gettati probabilmente nel lago. Rilevante fu la correità fascista: dopo l’eccidio, il Podestà Columella, affiancato dalle SS, lesse pubblicamente false lettere, presuntamente scritte dai capifamiglia degli scomparsi, che tranquillizzavano sul loro stato di salute e dichiaravano di aver fatto una donazione al paese, in beneficenza.

Anche a MEINA fu deciso di agire col buio. Il 15 settembre, sedici persone, ebrei di Salonicco ospiti dell’Hotel Meina gestito dalla famiglia Behar (ebrei turchi che si salvarono solo grazie all’intervento del Console della Turchia, Paese allora neutrale), vennero sequestrate dalle SS per alcuni giorni, in una stanza dell’albergo. Gli ostaggi, depredati dei loro averi, furono infine uccisi a colpi di pistola, un gruppo il 22 e un altro il 23 settembre, nottetempo. Il secondo gruppo era composto dai superstiti della famiglia Diaz, il nonno Dino Fernandez e i suoi tre nipoti, rinchiusi al quarto piano. I ragazzini attendevano alla finestra il ritorno dei genitori, ignari della loro morte già avvenuta la notte del 22. Come per il primo gruppo, anche i loro corpi furono poi gettati al largo nel lago, legati a dei pesi. Intanto, già durante la giornata del 23, alcuni erano riaffiorati ed erano stati riconosciuti.

A INTRA, invece, i corpi delle quattro vittime (la famiglia Ovazza) vennero addirittura inceneriti per far scomparire le tracce. Il giovane Riccardo venne catturato l’8 ottobre, mentre tentava la fuga in Svizzera. Condotto al Comando SS di Intra, fu dapprima derubato di ciò che aveva con sé e quindi torturato perché dicesse dove si trovavano i suoi cari. Poi venne ucciso. I genitori e la sorella furono catturati e depredati di tutto il giorno successivo, e infine uccisi l’11 ottobre. Distrutti i corpi, le SS trafugarono il bottino.

BAVENO, Il 20 giugno 1944, a seguito del grande rastrellamento, a Fondotoce di Verbania vennero fucilati pubblicamente 42 antifascisti, 41 uomini e una donna, di un gruppo di 43 passati per le armi (uno solo di loro si salvò, cadendo ferito sotto ai corpi dei compagni: Carlo Suzzi, che verrà chiamato poi per sempre il Quarantatrè, dai suoi compagni di Resistenza e dalla popolazione).

Mentre avveniva l’eccidio, un gruppo di partigiani che operava sul Monte Mottarone tentò un’azione contro i nazifascisti, a Baveno.

Il giorno dopo, 21 giugno 1944, seguì una rappresaglia che portò all’arresto di 50 persone e alla deportazione di parte di loro. Inoltre, 17 partigiani, già catturati durante il rastrellamento e scampati all’Eccidio di Fondotoce, vennero fucilati sul Lungolago di Baveno. I corpi furono lasciati lì esposti fino all’indomani, come monito alla popolazione.

SOLCIO (24 marzo 1945) Il 24 marzo 1945, ormai prossima la Liberazione, venne eseguita una feroce rappresaglia da parte degli occupanti, ultimo colpo di coda di un regime morente. In risposta all’uccisione di un militare tedesco, avvenuta durante uno scontro a fuoco con i partigiani, venne ordinata la fucilazione di 10 giovani detenuti presso la prigione del Comando nazista di Baveno, il requisito Hotel Beaurivage. I prigionieri vennero condotti e uccisi con raffiche di mitra, simbolicamente proprio nel luogo dove era morto il tedesco, a Solcio di Lesa.

Prima dell’esecuzione, a Belgirate, dalla camionetta le SS avevano già sparato e ucciso un altro partigiano in fuga: l’undicesima vittima.

  22.09.21 09:00:00 , a cura di Lombardia (contattaci), categorie: Commenti e dibattiti, Iniziative, Celebrazioni, Antifascismo, Resistenza, Comitati Provinciali, Sezioni, Novità, Memoria, Testimonianze, Anniversari, Ricorrenze, Commemorazioni, Cultura
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