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AMBROGINO D'ORO ALLA PARTIGIANA “FIAMMA”

AMBROGINO D'ORO ALLA PARTIGIANA “FIAMMA”

Abbiamo appreso con grande soddisfazione la notizia del conferimento dell'Ambrogino d'Oro, proposto dall'Anpi Provinciale di Milano, ad Antonietta Romano Bramo (classe 1925), la partigiana “Fiamma”. Antonietta entra giovanissima, all'età di soli 16 anni, all'Alfa Romeo, grazie alla sua conoscenza del tedesco, e ben presto viene in contatto con una segretaria di Direzione collegata alla Resistenza. Fu quella la scintilla che determinò l'ingresso di Antonietta nei Gruppi di Difesa della Donna, nel Movimento dei Comunisti Cristiani e nella 111a Brigata Garibaldi Sap che agisce nella zona Sempione di Milano.  Suo compito non è solo quello di distribuire la stampa clandestina ed agire all'interno del suo luogo di lavoro, ma di tenere i collegamenti con le altre fabbriche, di consegnare medicinali ai partigiani in montagna, di spiare l'attività dei tedeschi, di incontrarsi con altre donne per convincerle ad opporsi al regime nazifascista e alle deportazioni. L’8 settembre 1945 Luigi Longo, Comandante Generale delle Brigate Garibaldi, conferì ad Antonietta il Diploma di Medaglia Garibaldina. Nella ricorrenza del settantesimo anniversario della Liberazione, Antonietta ha ricevuto il diploma di partigiana dal Ministero della Difesa.  Dopo la Liberazione, costante è stata la presenza di Antonietta nelle scuole, nelle quali si è sempre recata per raccontare la sua storia, ma soprattutto per richiamare gli ideali della pace, della solidarietà, della realizzazione di un mondo migliore per i quali tante donne e uomini hanno combattuto durante la Resistenza.

Roberto Cenati - Presidente ANPI Comitato Provinciale di Milano

 

 

Antonietta Romano Bramo, la partigiana Fiamma, riceve la Medaglia d'Oro per la sua partecipazione alla Resistenza, Milano, maggio 2017.

ECCO LA SUA STORIA.

Il suo nome di battaglia era - ed è ancora oggi per tutti quelli che la conoscono - Fiamma.

Uno dei suoi compiti nella Resistenza era quello di portare ai capi delle organizzazioni fasciste milanesi lettere firmate dai capi partigiani. Lettere minatorie; come quella portata da Fiamma all'Ospedale di Vialba, oggi ospedale Sacco, nella quale il commissario Francisco, della 183esima Brigata, minacciava il direttore generale del sanatorio per il suo rifiuto di prestare cure ai reduci italiani dalla Russia, poiché essi erano ormai per i fascisti "gente che non serviva, inadatta a essere carne per i cannoni".

Quella fu la prima volta che Fiamma si lasciò truccare. Aveva diciannove anni e non si era mai messa il rossetto sulle labbra. Rifiutava di indossare abiti che la relegassero a un qualche ruolo seduttivo delle donne. Ma quella mattina le fecero indossare delle calze nere. Le diedero una bicicletta da donna, poiché lei usava sempre quella di suo fratello e "non sarebbe stato bello arrivare al presidio tedesco, in una piazza, con il sedere per aria". Ci arrivò, invece, sfoderando un sorriso allo stesso modo di un'arma, "salutando in perfetto tedesco i nazisti là fuori". Entrò nell'ufficio facendo "schioccare i piedi sul pavimento al momento del saluto fascista". Consegnò la lettera al segretario precisando che era per il direttore sanitario e che era urgente fargliela avere. Quindi, "sempre con un bel sorriso ricambiato dai presenti", riprese la bicicletta e volò via, verso l'Alfa Romeo, dove era iniziata la sua storia di giovane partigiana milanese.

Era stato infatti in quella fabbrica, adibita all'industria bellica dal regime fascista, che nel 1941 Antonietta Romano era entrata con altre ragazze a lavorare "per la Patria, per il Duce e per il Re", in sostituzione degli uomini chiamati alle armi. Aveva sedici anni e di questo era persuasa, di dover fare il suo dovere per l'Italia fascista.

Ma non ci volle molto, fra la traduzione di un telegramma dal tedesco all'italiano e l'intensificarsi degli avvenimenti, perché lei comprendesse che cosa in realtà fosse quella patria la cui idea aveva coltivato nell'aula dell'Istituto tecnico commerciale Pietro Verri, che doveva frequentare in divisa fascista come tutte le sue compagne.

Poi venne l'incontro, all'interno della fabbrica, con una segretaria di direzione già collegata con la Resistenza. E Antonietta scelse il suo nome, Fiamma. Entrò in uno di quei gruppi antifascisti che venivano chiamati "cellula", fece parte dei Comitati di difesa della donna e del Movimento dei cattolici comunisti. La sua tessera di riconoscimento era quella della 111cesima Brigata Garibaldi delle S.A.P., le squadre di azione partigiane.

In fabbrica gli operai venivano costretti a produrre sempre di più. Quando suonava l'allarme essi non potevano neanche allontanarsi per correre nei rifugi a ripararsi dai bombardamenti e dalla paura. Il cibo della mensa aziendale era sempre più ridotto. E la paga era diventata solo un acconto su un salario non più concesso. "Quando le maestranze reclamavano e fermavano il lavoro, quelli che erano considerati agitatori scomparivano, e ai familiari, che piangendo andavano in direzione a chiedere notizie, si rispondeva che erano stati mandati in trincea in prima linea. Solo dopo si seppe che erano stati deportati nei campi di sterminio di Mauthausen e Gusen".

Fiamma vide tutto questo, e fece la sua parte da allora sino alla fine. Si diede al volantinaggio antifascista; raccolse il siero antivipera e indumenti di lana e denaro per i partigiani della montagna; scriveva a quei partigiani "lettere di sostegno morale"; portava ai fascisti "le lettere minatorie fornite dalla cellula Curiel e da altri commissari"; andava "nelle case di ringhiera o nelle mense aziendali della Pirelli e della Falck o dell'Azienda tramviaria, scortata dai gappisti, a parlare e a preparare le persone alla lotta".

Quando, la mattina del 25 aprile 1945, iniziò anche per lei "l'opera di staffetta portaordini", Fiamma ebbe la sua tessera di riconoscimento dal C.N.L., prese ancora una volta la sua bicicletta e andò nelle zone a lei assegnate "a riferire al Comando quali erano i punti in cui ancora si sparava, Quarto Oggiaro, Porta Volta, Porta Garibaldi". Entrò nella sua fabbrica "con il tricolore al braccio". Un uomo la rimproverò perché, le diceva, avrebbe dovuto aspettare gli ordini della responsabile delle donne partigiane dell'Alfa. Non sapeva, quell'uomo, che quella responsabile era proprio lei: Antonietta, nome di battaglia Fiamma.

 

Fiamma che ancora oggi corre da una scuola all'altra - è in pensione come insegnante di matematica - a parlare della Resistenza; perché, come dice la sua nipotina Veronica in una poesia, "quel grande libro dobbiamo scriverlo nella mente e tramandarlo, per far sì che resti scritto nella nostra storia".

 

AMBROGINO D'ORO ALLA PARTIGIANA “FIAMMA”
  17.11.20 17:00:00 , a cura di Lombardia (contattaci), categorie: Attività in Lombardia, Comunicati, Antifascismo, Resistenza, Comitati Provinciali, Libri, Sezioni, Novità, Memoria, Testimonianze, Cultura
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