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25 LUGLIO 1943: UNA SVEGLIA IMPROVVISA A SAN VITTORE

Su “Il Settimanale” del 2 novembre 1946, organo della Resistenza dell'Anpi provinciale di Milano, si racconta, a firma di Stefano Tuscano, quanto accadde a San Vittore nelle ore successive all'annuncio della caduta del fascismo: “La folla all'esterno del carcere pretendeva la liberazione dei prigionieri. La direzione del carcere non fu dello stesso parere. Si affrettò a reclamare il rinforzo della guardia. Un'ora dopo una compagnia di bersaglieri, scortata da tre carri armati, giunse e si dispose lungo il cammino di ronda che gira tutto il perimetro del vasto edificio. Crescendo il torbido nella piazza, anziché diminuire alla vista dei rinforzi, il direttore del Carcere si decise a parlare alla folla. Egli raccomandò calma, promise libertà e giustizia. Il direttore, entrato poi all'interno del carcere, attraverso l'altoparlante piazzato al centro dei sei raggi pronunciò queste chiare parole: “Si annuncia da Roma la caduta del governo di Mussolini. Alle ore 5 di questa mattina S.E. Badoglio ha assunto il potere. Si attendono ordini in giornata per la liberazione dei detenuti politici. Siate calmi e disciplinati. Le cose si metteranno per il meglio...” A questo punto l'urlo che si sprigionò dai nostri petti subissò la voce del direttore ed echeggiò come un tuono. Un gruppo dei nostri intonò Bandiera rossa ma con scarso seguito. Più vivo seguito ebbe l'Internazionale, di cui tuttavia pochissimi conoscevano le parole, ma ancora una volta l'Inno di Mameli ci trovò tutti d'accordo. Si cantava a squarciagola. Tutti ci proiettammo fuori dalle celle. Lungo i ballatoi, per le scale, sui corridoi, ci si baciava, ci si abbracciava. Tutti erano ormai discesi nel corridoio a pianterreno. In catena si faceva il girotondo, intorno al falò, su cui bruciavano le immagini di Mussolini. Se non che a spargere cenere sul fuoco di tanto delirio, venne il bollettino ufficiale. Alla frase “la guerra continua” si legge sul volto di molti un'amara delusione. Nel VI raggio, si accesero discussioni violente, si formarono capannelli di comizi. Il carcere sembrava trasformato in un Parlamento: strano Parlamento di onorevoli senza collegio, omuncoli trasandati, scamiciati, zazzeruti, in brache sempre pericolanti per mancanza di bretelle e di cinghie, in ciabatte o in scarpe lucertolate. Sotto quel miserabile aspetto si nascondevano avvocati, professori, giornalisti, dottori, ingegneri e poeti, pallidi, macilenti, segregati dalla società e trattati da criminali sotto l'accusa infamante di essere i nemici della patria.

Roberto Cenati - Presidente Anpi Provinciale di Milano

  25.07.22 12:00:00 , a cura di Lombardia (contattaci), categorie: Commenti e dibattiti, Antifascismo, Resistenza, Comitati Provinciali, Sezioni, Novità, Memoria, Fascismo, Ricorrenze, Cultura
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