L’8 SETTEMBRE 1943 NEL RICORDO DI MASSIMO MILA
Scriveva Massimo Mila, esponente autorevole di “Giustizia e Libertà”, nel 1945, sulla rivista “Risorgimento”: “Avvengono nella coscienza dei popoli quelle radicali e repentine trasformazioni dei valori per cui – sotto la spinta di eventi storici eccezionali – quelle che fino a ieri ti parevano le muraglie ferme della tua vita, le consuetudini inamovibili della casa e del lavoro, della posizione sociale e dell’avvenire familiare, tutto crolla rovinosamente all’improvviso attorno a te e ti lascia solo, di null’altro fornito che del tuo coraggio d’uomo, deciso a gettarsi allo sbaraglio in una avventura dove tutto il tuo destino è impegnato. Fu così che in quei giorni tra l’8 e il 10 settembre 1943 tanti pacifici lavoratori – operai, impiegati, artigiani e studenti, che l’età e i doveri militari ponevano al bivio di accettare il nuovo padrone o fuggire e, se cercati, difendersi in qualche modo – si trasformarono in “ribelli”, come prima istintivamente si chiamarono per antica abitudine: poi, più coscienti dei propri diritti e della causa giusta da loro stessi difesa, partigiani e patrioti.
Come un simbolo della decisione improvvisa di quei giorni ricorderò sempre la motocicletta che sopravanzò velocissima, mia moglie e me, mentre fuggivamo in bicicletta verso la montagna, carichi di due enormi sacchi, il giorno che i tedeschi fecero il loro ingresso a Torino. La montavano due giovanotti dall’aria energica e arguta, probabili operai, e non portavano carichi di masserizie, sacchi di viveri, o altri bagagli ispirati a sensi di prudenza: semplicemente, avevano in spalla un moschetto.
Questo spettacolo, divenuto poi comunissimo, del borghese armato, allora fu la rivelazione che ci aprì gli occhi. Quei due avevano capito la situazione, e avevano previsto esattamente la natura degli avvenimenti in corso e di quelli che si sarebbero svolti di lì a poco”.
Roberto Cenati – Presidente Anpi Provinciale di Milano