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   La Resistenza armata


di Maria Grazia Del Bo

L’8 settembre in provincia

Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre, nella nostra provincia, reparti di SS e della Wermacht
si assicurano il controllo di Voghera e Pavia.
In città c’è qualche scambio di colpi d’arma da fuoco, ma l’insediamento nemico è incontrastabile.
A Vigevano, il 9 settembre, prima dell’arrivo dei tedeschi, si riesce a liberare
alcuni prigionieri politici.
Nelle caserme in molti casi si opta per la smobilitazione e la maggior parte dei soldati
prende la via di casa, né l’emorragia si argina con la dichiarazione di guerra
alla Germania (13 ottobre 1943). […].
Mussolini. liberato dai parà tedeschi il 16 settembre, da Radio Monaco aveva annunciato agli
italiani la nascita della Repubblica Sociale Italiana.
L’appello avrà modestissimi risultati: il rischio della fucilazione o della deportazione in Germania
non è sufficiente a indurre i giovani a entrare nell’esercito repubblichino né distoglie
la popolazione dal portare loro aiuto.
Il Policlinico San Matteo, ad esempio, fornisce ricovero a centinaia di militari di leva.
In Oltrepo la maggioranza dei chiamati preferisce vivere nascosta presso le famiglie,
fuggendo nei boschi in caso di irruzioni fasciste.
Essi di giorno lavorano la propria terra e di notte vanno a dormire in rifugi
improvvisati nei boschi vicino a casa.
In Lomellina, ex militari, in seguito raggiunti dai renitenti ai bandi neo-fascisti, si nascondono,
intorno a Vigevano,a Vigna Rossa e nei boschi del Ticino.
Tra quanti cercano rifugio alla macchia, aiutati dalla popolazione che non di rado li ospita
nelle cascine, ci sono soldati alleati fuggiti dai campi di concentramento dopo il 25 luglio.
Essi sono particolarmente numerosi intorno a Pomello e, in montagna, sul monte Boglelio,
dove sono stati radunati con la collaborazione di volontari che dalla pianura li hanno guidati
verso le più sicure zone montane. […].


Nascono i Comitati di Liberazione Nazionale

A Voghera, dove già la sera del 26 luglio era stata decisa la formazione di un
"Comitato d'intesa dei partiti antifascisti", alla fine di settembre si comincia a parlare di
Comitato di Liberazione Nazionale, sull’esempio di quanto andava accadendo a Roma.
Ne sono membri il ragionier Luigi Gandini ( cattolico indipendente e Presidente ),
Fiorenzo Somenzini presto sostituito da Vittorio Dagradi( PCI ), Angelo Nassano ( DC ),
l’avvocato Attilio Morini ( PSIUP ), Claudio Crescenti (PRI ) e Pietro Denari ( Partito d’Azione ).
Collaboratore preziosissimo del Comitato sarà il tenente Franco Quarleri ( "Carli" ),
futura medaglia d’oro al valor militare, caduto proprio il giorno della Liberazione.
All’inizio di ottobre anche a Pavia si costituisce il primo CLN, composto da Bruno Fascina
ed Enrico Magenes ( DC ), dai professori Luigi Molina e Gildo Gastaldi ( Partito d’Azione ).
da Gabriele Sicurani e Ferruccio Belli( PCI ), dall’ingegner e dal ragionier Luigi Brusaioli (PRI )
e da Lorenzo Aberti e Maurizio Sali ( PSIUP ).
Alla sua nascita è presente il rappresentante del Comitato di Liberazione Alta Italia
Bruno Quarti; successivamente verrà affidata al colonnello Balconi la funzione di
addetto militare del CLN.
In Lomellina i Comitati di Vigevano e Mortara cominciano ad operare tra il settembre e l’ottobre.
In essi sono presenti in misura preponderante comunisti e socialisti, date le caratteristiche
socio-economiche della zona.
Le prime riunioni di questi CLN, hanno come fine la discussione circa il modo
di portare aiuto ai prigionieri alleati e agli ebrei.
Tale impegno determinerà diversi arresti in seno ai CLN:
a Voghera, all’inizio del’44, Pietro Denari è imprigionato, mentre a Mortara l’arresto
del rappresentante democristiano Ferrari paralizza per diversi mesi l’attività del Comitato.
Più dolorose le conseguenze a Pavia, dove Belli, Brusaioli, Magenes e Alberti sono arrestati
dopo l’addetto militare Balconi , quindi trasferiti a Flossemburg
e Dachau [campi di concentramento].
Brusaioli. e Balconi non ne faranno ritorno, morendo nei forni crematori,
rispettivamente, di Flossemburg e Gusen nel marzo del ’45.


La Resistenza armata: il ribellismo spontaneo

All’azione solidaristica, i Comitati affiancano ben presto quella di agitazione e propaganda
presso i giovani, perché disertino le chiamate di leva e, infine, il compito
che diverrà preminente: l’appoggio alla Resistenza armata.
Esistono infatti in Oltrepo e nei boschi lungo il Ticino, gruppetti di sbandati locali che agiscono
ancora confusamente, ne dintorni dei paesi d’origine, alla macchia, spesso istruiti da reduci
della guerra di Spagna e da ex ufficiali dell’esercito.
Sono composti da pochi elementi, male armati e privi di chiari obiettivi, eccezion fatta per uno,
che li accomuna: il rifiuto del nazifascismo e una scelta di libertà. […].
Tra il settembre e il dicembre 1943 il numero di queste embrionali formazioni è piuttosto
consistente nella montagna e nella collina.
Una della prime bande è quella di Andrea Spanojannis ( "Greco" ) che, fuggito con alcuni
compagni dal campo di concentramento presso Crema nell'estate del ’43, è accolto da una
famiglia di Bobbio e organizza un gruppo armato intorno a Pianello, aiutato dalla popolazione.
In febbraio, si porterà a Costalta e ingrosserà la banda, che opererà in Val Tidone.
In Valle Staffora opera con i suoi uomini Alberto Piumati ( "Staffora" ) intorno a S. Albano
e in Val Ardivestra il gruppo di Tino Schiavi ( "Tino" ) e di Gregorio Fracchia ( "Elmo" ).
Intorno a Varzi è la banda di Angelo Ansaldi ( "Primula Rossa" ), nella zona di Rocca Susella
quelle di Angelo Arneri ( "Tigre" ) ed Enzo Togni che si fonderanno nel gruppo "Italia"
per iniziativa di Carlo Barbieri ( "Ciro" ).
Numerosi i gruppi in Val Versa: quello di Fiocchi a Castana, di De Scalzi a Stradella,
la banda Acerbo a Santa Maria della Versa, la Antonelli o del "Marinaio" a Rovescala,
quella di Montù o di "Fusco" ( Cesare Pozzi ), la banda "Pavia" di
comandata da Giovanni Truffi ( "Nanni" ).
Per questi uomini il problema maggiore, a parte quello della sicurezza, è il
reperimento delle
armi, che vengono raccolte mediante attacchi di sorpresa a qualche milite nazi-fascista o
facendole giungere, smontate, dalla pianura tramite una fitta rete di collaboratori.
Altro problema è il vettovagliamento.
Più semplice finché le bande sono piccole e operano tra gente conosciuta, diverrà più
problematico quando le formazioni si ingrosseranno e si porteranno prevalentemente in
alta collina e montagna, zone povere, dove la gente ha poco anche per sé.
Le bande saranno allora costrette ad operare requisizioni,in molti casi rimborsate
a guerra finita,
ma sul momento non sempre bene accette alla popolazione, di cui, pure,
va sottolineata la generosità nei confronti dei Partigiani.
Anche il rapporto tra le varie bande non è sempre facile, quando si trovino ad operare
nelle stesse zone, a causa di una mentalità ancora individualistica.


La Resistenza armata: l’intervento dei partiti

In questi primi gruppi non mancano elementi politicizzati, ma l’azione organizzativa ufficiale
da parte dei partiti è ancora assente.
Vero è che già il 24 ottobre 1943, a Voghera , Ferruccio Parri del Partito d’Azione aveva
convocato il colonnello Balconi, il colonnello De Scalzi,, ufficiali del disciolto esercito
e il ragionier Denari per discutere l’opportunità di una eventuale lotta armata il Oltrepo. […].
Il programma troverà piena realizzazione solo nell’aprile del '44, con la creazione di una brigata
nei dintorni di Romagnese al comando di Giovanni Antoninetti ( "Capitan Giovanni" ).
Più diviso circa le possibilità di riuscita di una resistenza armata in Oltrepo appare il PCI. […].
Alla fine il gruppo milanese del partito dà il suo assenso nella primavera del ’44.
Immediatamente partono due gruppi, diretti rispettivamente verso la montagna,
in Valle Staffora, e verso la collina, in Val Schizzola.
Il primo è guidato da Domenico Mezzadra ( "Americano" ), - da tempo alla ricerca di una forza
con cui operare e la cui figura di comandante diventerà ben presto leggendaria in Oltrepo -
e Carlo Lombardi ( "Remo" ); il secondo è organizzato da Carlo Barbieri ( "Ciro" )
e Angelo Arnesi ( "Tigre" ).
Fin dall’autunno del 1943, invece, i comunisti si sono resi promotori di
Gruppi di Azione Patriottica ( GAP ), piccoli nuclei armati che operano a Voghera,
Vigevano
e Pavia con compiti, prevalentemente, di sabotaggio e propaganda.
Il partito anima anche in Pianura la prima delle future Squadre di Azione Patriottica ( SAP ),
nuclei di carattere più precisamente militare, destinati alla lotta armata:
è il gruppo di Tromello promosso fin dal settembre 1943 dal comunista Luigi Campegi.
Il Partito Socialista dopo l’8 settembre aveva creato a Milano un embrione di organizzazione
militare affidata a Corrado Bonfantini, ma non tenterà nessuna iniziativa ufficiale in Oltrepo
sino al luglio del 1944, allorché […] scaturirà la decisione di contattare "Fusco" e di consegnargli
le "patenti" per la costituzione della prima brigata socialista nell’Oltrepo pavese.


La guerra di Liberazione

Nella primavera del ’44, le file del movimento armato prendono ad ingrossarsi, in concomitanza
con le nuove chiamate dei giovani di leva e con il diffondersi
di un sempre più netto rifiuto del nazifascismo.
Gli stessi scioperi con cui si apre il 1944, del resto, sono indicativi del malessere presente
tra la popolazione: a gennaio cominciano le agitazioni le maestranze alla Necchi,
in febbraio quelle della SNIA, quindi seguono altri scioperi a Vigevano, a Voghera
e tra le mondine in Lomellina.
La Resistenza, dunque, è sempre meno una scelta d’élite. […].
Nella primavera del ’44 questi sono i gruppi più consistenti in Oltrepo: la formazione
di Giovanni Antoninetti ( "Capitan Giovanni" ) intorno a Romagnese, la banda di
Tiziano Marchesi ( "Tundra" ) intorno a Pometo e Ruino, quella di "Fusco" ( Cesare Pozzi )
in Val Versa, poi fusasi con il Gruppo "Pavia" di Giovanni Truffi ( "Nanni" ).
Nella zona del Brallo e del Lesima opera la 51a Brigata Garibaldi "Capettini", nella quale
si fondono il gruppo di Domenico Mezzadra ( "Americano" ) e la banda
di Angelo Ansaldi ( "Primula Rossa" ).
Una parte della"Capettini", la banda di Andrea Spanojannis ( "Greco" ) e quella
di Angelo Arneri ( "Tigre" ) si fondono nella 87a Brigata Garibaldi "Crespi", attestata
intorno a Zavattarello, comandata da Mario Colombi ( "Mario" ),
con Carlo Barbieri ( "Ciro" ) come vice-comandante.
Nell’estate la fisionomia si precisa.
Gli indirizzi fondamentali sono tre, ispirati da altrettante forze politiche: la socialista,
che dà vita alle formazioni Matteotti ( cui appartiene la formazione di "Fusco" );
la comunista per le Garibaldi ( la 51° "Capettini", la 87a "Crespi" e dal settembre
del ’44 la 88a "Casotti", comandata da Luchino Dal Verme -Maino - costituiscono
la Divisione "Aliotta" comandata da "Americano") ; l’azionista, che sta alla base
delle formazioni di Giustizia e Libertà ( cui si ispirano la formazione di "Tundra"
e quella di "Capitan Giovanni" ).
Le forze garibaldine sono le più numerose, grazie alle già note capacità
organizzative dei comunisti.
Anche nella pianura nell’estate del ’44 ne troviamo diverse, nate spesso dallo
sviluppo di cellule locali del PCI.
Nei dintorni di Castelletto di Branduzzo si forma la 117a brg. Garibaldi "Gramigna",
alla periferia di Pavia sino a Travacò e Bereguardo opera la 168a brg. "Muzio",
nella Bassa Lomellina le SAP locali sono inquadrate nella 169a brg. "Bassa Lomellina",
infine nel vigevanese ha il proprio territorio di operazione la brigata "Leone".
Altri gruppi della pianura sono invece autonomi dal PCI: la compagnia "Grieff " di Pomello,
comandata da Giuseppe Loew e composta da numerosi ex prigionieri ( nell’autunno
confluirà nella brg. "Fachiro" ), il gruppo "Cairoli" di Gropello Cairoli,
comandato da Ornik Avaqkian, il Nucleo Militare del Po della zona Gerla-Cervesina,
la brigata "Vercesi" , vicina alle formazioni Matteotti, della zona di Belgioioso
la brg. "Beato Matteo" del vigevanese.
Infine, la brg."Po", organizzate per iniziativa del CLN di Voghera.

 

In tutte le formazioni, solo una piccola parte dei combattenti, comunque, è politicizzata
e anche quelli che lo sono non sempre si trovano a combattere nel gruppo
rispondente al loro credo politico.
Emblematico è il caso dei cattolici i quali spessissimo operano in formazioni garibaldine […].
Del resto la maggior parte dei parroci "ospitava tutti", e teneva "le canoniche spalancate
a rischio di farle bruciare"
.
Non per altro il sacerdote don Paolo Ghigini venne barbaramente ucciso.
Fin troppo noti sono poi i casi di due sacerdoti, don Pollaiolo e don Rino Cristiani, cappellani
al seguito di formazioni garibaldine. […].
Con il mese di maggio del ’44 riprende l’avanzata alleata che raggiunge
nell’autunno l’Appennino tosco-emiliano. […].
Lo spostamento verso nord della linea di occupazione alleata consente di appoggiare
i Partigiani delle zone occupate con aviolanci di indumenti, munizioni, denaro.
In Oltrepo ne sarà lamentata la parsimonia nei confronti delle formazioni garibaldine. […].
I primi risultati importanti si hanno dal luglio del ’44.
Il 25 di questo mese la battaglia dell’Aronchio vede un folto gruppo di fascisti, proveniente
da Varzi, bloccati tra Staffora e Aronchio da pochi uomini della "Capettini", presto rinforzati
dal resto della brigata di stanza al Brallo e dai giellisti del Penice.
Solo quando i Partigiani si ritireranno ( guidati da "Americano" che, benché ferito, ha preso
parte all’intera operazione ) i fascisti potranno liberarsi.
Il 13 agosto garibaldini della "Capettini", e della "Crespi", attaccano, rispettivamente,
da sud e da nord Pietragavina, costringendo alla resa il presidio fascista del castello
e conquistando una posizione strategica. […].
Le formazioni tedesche e fasciste riescono solo con il rastrellamento di agosto a ricacciare
da Romagnese, dal Penice e da Bobbio le forze Partigiane, ma in settembre
queste riconquistano le posizioni perdute e giungono alla presa di Varzi il 19, dopo aver
lasciato sul terreno diversi uomini della "Capettini" e della "Crespi",
tra cui il comandante Enzo Togni.
Momentaneamente abbandonata per il sopraggiungere di rincalzi tedeschi e fascisti,
la "capitale" della montagna pavese è di nuovo nelle mani dei Partigiani il 22 settembre.
Nell’alto Oltrepo si forma così una zona libera comprendente i territori
di 17 piccoli comuni, di cui Varzi è il centro. […].
La popolazione nella montagna è favorevole ai Partigiani: li protegge, dà viveri,
in alcuni casi combatte al loro fianco.
Difficili, invece, per tutto il ’44 i rapporti tra bande e popolazioni in Lomellina, soprattutto
a Vigevano, centro industriale e commerciale che aveva concluso molti affari
con le commesse di guerra tedesche.

 

Il 10 novembre il proclama del generale Alexander esorta i Partigiani a sospendere
le operazioni in attesa di ordini futuri, perché è stata rimandata alla primavera l’offensiva
contro la "linea gotica" e si presenta difficile il loro rifornimento.
E' una disposizione che, mentre disorienta i Partigiani, rassicura i tedeschi.
Essi iniziano una controffensiva per riprendere il controllo del territorio […].
Il 23 novembre del ’44 un vasto rastrellamento parte dalla pianura e setaccia
sistematicamente l’Appennino.
La grossa forza d’urto che si abbatte sull’Oltrepo costituisce
un episodio molto doloroso nella sua storia.
Esso è noto come il rastrellamento dei "mongoli", per la presenza di
calmucchi, mongoli, kirghisi, turchestani, georgiani al seguito delle forze tedesche.
Cadono le zone libere.
Membri del CLN e forze partigiane ( che ad onta del proclama di Alexander non si sono
affatto sciolte, ma sono sparpagliate e sfoltite ), dopo aver tentato di resistere,
lasciano i paesi verso la parte più alta dell’Oltrepo, per poi passare nella VI Zona ligure
o filtrare di nuovo tra le maglie nemiche. […]
L’inverno è durissimo: la presenza nemica e la neve rendono pericolosi gli spostamenti
e mancano i viveri. […]
Mentre le forze partigiane sono costrette all’inattività dalle milizie nazi-fasciste,
la Sicherheitsabteilung semina terrore e morte, ricorrendo sistematicamente alla tortura e alla
eliminazione sommaria di quanti incappano nelle sue retate, partigiani o privati cittadini,
Il desiderio di continuare la lotta è però più forte di ogni timore e in una riunione
del 27 febbraio del ’45 a Casa Marchesi, presso Zavattarello, viene decisa l’unificazione
del comando militare operativo delle formazioni dell’Oltrepo. […]
Quando l’accordo sarà perfezionato il 9 aprile, verranno abolite le denominazioni di parte
per costituire un Comando Zona Oltrepo Pavese di carattere esclusivamente militare conforme
alla istruzioni di Comando Generale del CVL [Corpo Volontari della Libertà].

 

L’unità è però già stata anticipata il 14 febbraio in una battaglia che segna sulle colline
il rilancio Partigiano e costituisce il primo scontro realmente importante vinto dopo
il grande rastrellamento di novembre: la battaglia delle "Ceneri".
A metà febbraio, infatti, il blocco da parte dei garibaldini di una pattuglia fascista a Nibbiano
determina un nuovo rastrellamento.
[ I Partigiani, delle brigate Garibaldi, Matteotti e GL, con il sostegno dei civili,
mettono in seria difficoltà i nazifascisti ].
Quando riusciranno a sganciarsi, i rastrellatori avranno lasciato sul campo molti camerati e armi.
L’entusiasmo è al culmine e quattro giorni dopo "Fusco"; compirà una incursione
addirittura a Stradella, nel bel mezzo del presidio fascisti.
Poco tempo dopo, il 12 marzo, parte un’altra controffensiva nemica, distribuita lungo
tre direttrici: Valle Scuropasso, Valle Ardivestra, zona Varzi-Pietragavina. […]
Dopo un iniziale successo i nazifascismi sono costretti a ripiegare.
La conquista di Bologna, il 21 aprile, da parte degli Alleati segna per i Partigiani
il momento dell’ insurrezione.
Il CLN di Pavia, in vista della Liberazione, provvede ad assegnare le principali
cariche pubbliche ai vari partiti che lo compongono, per assumere al più presto il controllo
politico della provincia ed evitare vuoti di potere. […]
Il coordinamento per l’ insurrezione, tra le forze della montagna e della pianura, ( risolvendo
il problema del controllo dei ponti e dei traghetti sul Po ) è stato già attuato in riunione
a metà marzo tra membri del Comando Zona e una trentina di persone, quasi tutti operai,
accompagnati in montagna da staffette.
Ad essi si chiedeva di far presidiare fabbriche, sedi radio, stazioni ferroviarie, ospedali, caserme;
alle formazioni di pianura di attaccare sui fianchi il nemico, mentre le formazioni di montagna
scendevano a liberare i vari centri.
Dal 24 al 28 aprile la provincia di Pavia sarà libera. […].
Il 27 aprile, a Vigevano, l’ ultimo, inatteso scontro: la "battaglia del treno".[…]
Giunto in stazione, il primo dei due treni che formano il convoglio blindato viene però istradato
dai Partigiani su un binario occupato da un carro in sosta, che ne provoca il deragliamento.
Lo scontro, durissimo, che segue si conclude con un clamoroso successo Partigiano.
I tedeschi superstiti vengono chiusi in castello, ma tre giorni dopo, il 30 aprile, la città
è circondata da una divisione tedesca in ritirata e sotto minaccia di bombardamento
è costretta a lasciare liberi i prigionieri.
Poche ore dopo, il 1° maggio, arrivano gli americani.

 

 

Da M.G. del Bo, La Resistenza armata, in "Annali di Storia pavese". n. 12/13, 1986.